La Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n. 23079/2024 in esame ha ribadito il seguente principio di diritto: “l’efficacia probatoria dell’atto pubblico, nella parte in cui fa fede fino a querela di falso, è limitata agli elementi estrinseci dell’atto, indicati nell’art 2700 c.c., e non si estende al contenuto intrinseco del medesimo, che può anche essere non veritiero”.
La vicenda trae origine dalla citazione in giudizio del Comune di La Salle per querela di falso nei confronti del verbale di un sopralluogo nella parte in cui i Tecnici Comunali avrebbero rilevato, difformemente dallo stato di fatto, la presenza di un terrapieno la cui parte superiore era arretrata di circa 170 cm rispetto al confine con il mappale n. 600: la falsità sarebbe consistita nell’indicazione di tale distanza posto che quella effettiva, secondo gli attori, era circa doppia.
Il Comune di La Salle si costituiva in giudizio eccependo la nullità della querela ai sensi dell’art. 221, comma 2, c.p.c. (ovvero la sua infondatezza) in quanto priva di elementi e prove da cui desumere la falsità del verbale. In particolare, il Comune evidenziava che i Tecnici Comunali, nel corso del sopralluogo, non avevano eseguito personalmente alcuna misurazione, ma si erano limitati ad accertare l’inottemperanza degli attori all’ordine di demolizione di cui alla diffida n. 16/2018, che aveva ordinato agli attori la demolizione del terrapieno.
Il Tribunale di Aosta rigettava la querela di falso, compensando integralmente le spese di lite.
La Corte d’Appello di Torino rigettava l’appello proposto dai ricorrenti e confermava la sentenza di primo grado in quanto il verbale oggetto di causa era privo di un’attestazione della distanza del terrapieno dal confine, ma solo la constatazione che lo stato dei luoghi era rimasto immutato rispetto alla diffida.
Con un unico motivo di ricorso i ricorrenti denunciavano, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2700 c.c. perché la Corte d’Appello di Torino aveva ritenuto non sussistente il falso ideologico.
La Corte di Cassazione, concordando con il giudice di secondo grado, ha ritenuto che la querela di falso ricada su una circostanza non oggetto di attestazione dal pubblico ufficiale e pertanto non attinga la veridicità delle attestazioni contenute nel verbale.
L’art. 2700 c.c., infatti, considera provati fino a querela di falso i fatti che il pubblico ufficiale personalmente verifica per cui non rientra nel perimetro della norma ciò che, pur presente nell’atto, non risulta direttamente frutto di un accertamento compiuto dal medesimo pubblico ufficiale.
Secondo la Suprema Corte l’efficacia probatoria fino a querela di falso del contenuto di un verbale (atto pubblico) non può estendersi alle valutazioni espresse dal pubblico ufficiale, a seguito di percezioni sensoriali (Cass. Civ., sez. un., n. 17355/2009). In considerazione di quanto sopra, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso condannando i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.