16.01.2024 Icon

Citazione in primo grado nulla: la Corte d’appello deve rinnovare gli atti

La nullità della citazione di primo grado per vizi inerenti alla “vocatio in ius”, se proposta come motivo d’appello e ritenuta fondata dal giudice dell’impugnazione, non comporta la rimessione della causa in primo grado, ma impone al Giudice d’Appello di disporre il rinnovo di tutti gli atti compiuti in primo grado dall’attore.

Questo è il principio affermato dalla Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 35165 del 15 dicembre 2023 in commento.

La vicenda trae origine da un giudizio di primo grado nel corso del quale veniva accertata la non rituale notifica della citazione alle parti convenute che erano, dunque, state dichiarate contumaci.

Seppur tardivamente, però, le parti convenute si costituivano nell’ambito del giudizio, eccependo la nullità della notifica della citazione per inosservanza del termine a comparire e chiedendo di essere rimesse in termini.

Il Giudice di primo grado accoglieva solo parzialmente l’eccezione di parte convenuta, concedendo nuovamente i termini per il deposito delle memorie di cui all’art 183, comma 6 c.p.c.

La Corte d’Appello, adita dalle convenute soccombenti, confermava nel merito la decisione del giudice di primo grado, ritenendo altresì che, con la parziale rimessione nei termini era stato sanato “ogni effetto pregiudizievole della nullità della notificazione della citazione”.

Avverso la sentenza di appello, le convenute proponevano ricorso in cassazione, lamentando come primo motivo la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in relazione agli artt. 160 e 294 c.p.c., per mancata dichiarazione di nullità della notificazione dell’atto di citazione e degli atti successivi.

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo del gravame.

Secondo la Suprema Corte, il giudice di appello ha errato nel ritenere che la nullità della citazione fosse stata sanata dalla “sostanziale rimessione in termini delle convenute” da parte del giudice di primo grado, il quale aveva “assegnato i termini per integrare le difese“.

La Corte d’appello avrebbe, infatti, dovuto dichiarare la nullità del procedimento di primo grado e della sentenza appellata nonché rimettere in termini le appellanti, ai sensi dell’art. 294 c.p.c., al fine di consentire alle convenute di svolgere tutte quelle attività (quali la proposizione di eccezioni di prescrizione e domande riconvenzionali) che sono state di fatto a loro precluse, avendo il primo giudice concesso solo i termini di cui dell’art. 183 c.p.c., comma 6.

Alla luce di tali osservazioni, dunque, la Suprema Corte ha ritenuto applicabile al caso di specie il principio secondo cui “Nel caso di nullità della citazione di primo grado per vizi inerenti alla “vocatio in ius” (nella specie, per inosservanza del termine a comparire), ove il vizio non sia stato rilevato dal giudice ai sensi dell’art. 164 c.p.c., la deduzione della nullità come motivo di gravame non dà luogo, ove ne sia riscontrata la fondatezza dal giudice dell’impugnazione, alla rimessione della causa al primo giudice, ma impone al giudice di appello di rilevare che il vizio si è comunicato agli atti successivi dipendenti, compresa la sentenza, e di dichiararne la nullità, rinnovando tutti gli atti compiuti in primo grado dall’attore, o su sua richiesta, nella contumacia (involontaria) del convenuto/appellante”.

Autore Chiara Calì

Associate

Milano

c.cali@lascalaw.com

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