20.01.2023 Icon

13° Pillola: Le novità in tema di appello

Preliminarmente è opportuno segnalare che, a seguito delle modifiche apportate dalla recente legge di bilancio all’art. 35 del D. Lgs. N. 149/2022, l’entrata in vigore delle nuove disposizioni inerenti il giudizio di secondo grado è stata anticipata al 28 febbraio 2023.

Le norme riformate, pertanto, troveranno applicazione con riguardo ai giudizi introdotti con citazione notificata a partire dal 1° marzo 2023. 

Tuttavia, nelle cause di appello ad oggi pendenti, a far data dal 1° gennaio 2023 trova già applicazione il nuovo art. 363 bis c.p.c., che prevede l’ipotesi di rinvio pregiudiziale degli atti da parte del giudice di merito alla Corte di Cassazione, per la risoluzione di una questione esclusivamente di diritto.

Di seguito si riportano, quindi, le novità più salienti:

  1. Sospensione dell’esecutività della sentenza (art. 283 c.p.c.)

I requisiti per ottenere la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata sono stati resi più rigidi. Infatti, l’appellante può conseguire tale provvedimento solo se l’impugnazione appare manifestamente fondata o se dall’esecuzione della sentenza può derivare un pregiudizio grave ed irreparabile. La sospensiva, inoltre, può essere concessa, in relazione ad una condanna al pagamento di una somma di denaro, quando sussista la possibilità di insolvenza di una delle parti.

Novità di rilievo è poi costituita dal fatto che la richiesta di sospensione può essere proposta o riproposta, oltre che unitamente all’appello principale o incidentale, anche nel corso del giudizio, purché siano intervenuti mutamenti nelle circostanze, che devono essere indicati specificatamente, a pena di inammissibilità.

  • Termine e contenuto dell’appello (artt. 326, 342 e 343 c.p.c.)

Il termine per proporre appello è tuttora di giorni 30, in caso di intervenuta notificazione della sentenza. Il legislatore, recependo quanto già statuito in precedenza dalla Cassazione, ha però ritenuto opportuno precisare che il termine breve decorre per entrambe le parti dal momento in cui la notificazione si perfeziona per il destinatario.

Quanto all’appello incidentale, viene espressamente indicato che la comparsa deve essere depositata almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione.

Altrettanto chiaramente la riforma sottolinea la necessità che l’appello sia motivato e che i singoli motivi siano caratterizzati da chiarezza, sinteticità e specificità. Evidente, dunque, è l’intento di favorire, oltre ad un processo più rapido, anche un procedimento più agile, privo di atti prolissi ed eccessivamente generici.

Ogni motivo deve, inoltre, indicare il capo della sentenza impugnato (senza necessità di ritrascrivere il medesimo), le censure proposte alla ricostruzione dei fatti operata dal Giudice di primo grado e le ritenute violazioni di legge e la loro rilevanza ai fini della decisione.

  • Improcedibilità ed inammissibilità dell’appello (artt. 348 e 348 bis c.p.c.)

La norma in tema di improcedibilità è rimasta sostanzialmente invariata (l’ipotesi ricorre in caso di mancata tempestiva costituzione o mancata comparizione dell’appellante nelle prime due udienze), salvo prevedere che il relativo provvedimento debba essere assunto con sentenza.

Invece, allorché sia rilevata l’inammissibilità dell’appello o la sua manifesta infondatezza, il giudice deve disporre la discussione orale della causa; qualora, però, sia stato proposto appello incidentale, si può procedere in tal senso soltanto se i predetti presupposti ricorrano sia per l’impugnazione principale che per quella incidentale.

  • Giudice istruttore e trattazione (artt. 349 bis e 350 c.p.c.)

La riforma ha reintrodotto la possibilità che lo svolgimento del giudizio di appello non sia più solo collegiale. Il Presidente, infatti, in alternativa alla nomina di un relatore, può designare un istruttore tra i componenti del collegio: in quest’ultimo caso, la trattazione della causa è affidata a tale magistrato (che può anche assumere i mezzi istruttori), anche se la decisione resta collegiale.

In occasione della prima udienza, verificata la regolare costituzione delle parti, il giudice dispone la discussione orale nel caso in cui ricorrano le ipotesi di inammissibilità o manifesta infondatezza dell’appello. Analogamente può provvedere, qualora – di contro – l’impugnazione sia manifestamente fondata o lo ritenga opportuno a fronte della ridotta complessità od urgenza della controversia.

Evidente, dunque, è ancora una volta la volontà di favorire una rapida chiusura dei processi, disincentivando impugnazioni meramente dilatorie.

Finalità analoga ha la previsione secondo la quale, laddove non venga fissata discussione orale, il giudice deve tentare la conciliazione, ordinando eventualmente la comparizione personale delle parti. 

  • Decisione (artt. 350 bis e 352 c.p.c.)

Se viene disposta la discussione orale ai sensi degli artt. 348 bis e 350, III comma c.p.c., le parti precisano le conclusioni e discutono oralmente la causa avanti al collegio; in caso di nomina dell’istruttore, invece, le conclusioni sono precisate davanti a lui, che assegna anche un termine per il deposito di note conclusive anteriore all’udienza.

All’esito della discussione, la decisione è resa con sentenza motivata in forma sintetica, anche mediante il mero riferimento al punto di fatto o alla questione di diritto ritenuti risolutivi o ancora mediante il rinvio a precedenti conformi.

Negli altri casi, esaurita l’attività di trattazione, se non è fissata la discussione orale, vengono assegnati termini perentori di giorni 60, 30 e 15 prima dell’udienza, rispettivamente per la precisazione delle conclusioni, per il deposito delle comparse conclusionali e per il deposito di note in replica.

All’udienza la causa è trattenuta in decisione e sulla stessa si pronuncia il collegio tramite sentenza da depositare entro i successivi 60 giorni.

  • Remissione in primo grado (art. 354 c.p.c.)

La remissione al giudice di primo grado può ora avvenire solo se il giudice d’appello:

  • dichiara la nullità della notificazione dell’atto introduttivo;
  • riconosce che nel giudizio di primo grado doveva essere integrato il contraddittorio o non doveva essere estromessa una parte;
  • dichiara la nullità della sentenza di primo grado ai sensi dell’art. 161, II comma c.p.c.

Qualora, invece, riconosca sussistente la giurisdizione negata in primo grado o dichiari la nullità di altri atti compiuti in primo grado, le parti sono ammesse a compiere le attività che sarebbero precluse, con eventuale rinnovazione dell’attività istruttoria.

Autore Simona Daminelli

Partner

Milano

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