Sono ormai note le peripezie (e le polemiche) del delitto di abuso d’ufficio, previsto dall’art. 323 c.p., il quale è stato riformato da ultimo nel 2020 al fine di limitare possibili contestazioni penali a carico dei dirigenti appartenenti alla Pubblica Amministrazione.
L’attuale dettato normativo prevede infatti la punizione per il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle proprie funzioni, procuri a sé o altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o rechi ad altri un danno ingiusto, violando specifiche regole di condotta. Ciò purché da tali regole non residuino margini di discrezionalità riconosciuti al pubblico ufficiale.
Tale inciso assume particolare rilevanza con riferimento alle procedure di affidamento diretto di un appalto da parte della P.A., nell’ambito delle quali la stazione appaltante può conferire direttamente ad imprese e professionisti, entro determinati importi, incarichi relativi a lavori o servizi o forniture.
Importi che sono stati recentemente alzati dal legislatore: proprio nel 2023 l’art. 50 del nuovo Codice degli Appalti ha innalzato il limite per l’affidamento diretto da 40.000 euro a 140.000 euro per appalti relativi a servizi/forniture e 150.000 euro per appalti relativi ad altri lavori.
Sicché, del dato letterale del “nuovo” art. 323 c.p., salvo che non vengano commessi altri reati (quali quelli di corruzione o di turbativa d’asta), il conferimento diretto di un incarico nei limiti previsti dalla legge non potrebbe configurare di per sé il delitto di abuso d’ufficio.
Tale assunto è stato affermato recentemente proprio dalla Suprema Corte di Cassazione, la quale (con Cass. pen., Sez. VI, sent. 16659/2024) ha annullato la sentenza di condanna a carico di un amministratore di una società affidataria in house, avente il compito di somministrazione del personale in favore del servizio sanitario locale.
Secondo l’accusa, nel 2017 l’imputato aveva conferito ad un legale, per conto della società amministrata, un contratto di servizi dal valore di circa 110.000 euro. Ciò quando la normativa di riferimento all’epoca prevedeva che l’assegnazione diretta degli appalti potesse avvenire solo per incarichi entro 40.000 euro.
La Cassazione, annullando la sentenza di condanna emessa dai Giudici di merito, ha evidenziato come l’art. 323 c.p. sia una norma penale “in bianco” e dunque, nel caso di affidamenti diretti, il rispetto della soglia prevista dal legislatore esclude il reato di abuso d’ufficio.