La Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul principio di immutabilità della contestazione disciplinare in tema di licenziamento, andando a delinearne i limiti per una corretta applicazione.
Prima di analizzare il provvedimento giurisprudenziale, è bene ricordare in cosa consiste il principio in esame posto a tutela del diritto di difesa del lavoratore.
Il principio di immutabilità della contestazione disciplinare, di origine prettamente giurisprudenziale, impone che vi sia necessaria corrispondenza tra l’addebito contestato e quello posto a fondamento della sanzione disciplinare, vietando, di conseguenza, di infliggere un licenziamento sulla base di fatti diversi rispetto a quelli contestati.
Tornando al caso di specie, un lavoratore aveva impugnato giudizialmente il licenziamento comminatogli a seguito di una contestazione disciplinare collegata ad un episodio di rifiuto di sottoscrizione di un ordine di servizio relativo alle postazioni ed agli orari oltre ad una aggressione verbale, mediante ingiurie e minacce, nei confronti dei responsabili di cantiere.
La Corte di Cassazione, stante il fatto che uno dei motivi di ricorso risiedeva proprio nella contestata violazione del principio di immutabilità della contestazione disciplinare, si è pronunciata sul tema oggetto di trattazione.
In particolare, parte ricorrente deduceva che in sede di contestazione gli fosse stata addebitata la fattispecie della grave insubordinazione e, successivamente, in sede di irrogazione del licenziamento la fattispecie della rissa in luogo di lavoro.
Gli Ermellini, confermando la sentenza di merito, hanno specificato che il principio di immutabilità della contestazione attiene al “complesso degli elementi materiali connessi all’azione del dipendente”.
Da ciò ne consegue che il principio possa ritenersi violato esclusivamente qualora venga adottato un provvedimento sanzionatorio basato su circostanze nuove o diverse rispetto a quelle contestate.
Nel caso in esame, la Corte ha ritenuto che non vi sia stata violazione del summenzionato principio in quanto il fatto materiale oggetto di contestazione, ossia il rifiuto di sottoscrivere l’ordine di servizio e la successiva aggressione dei responsabili di cantiere, è rimasto il medesimo.
Ciò che è mutato in sede di licenziamento è stata unicamente la qualificazione giuridica dei fatti (da grave insubordinazione a rissa sul luogo di lavoro), non la natura degli stessi.
Pertanto, qualora il provvedimento disciplinare si basi sui medesimi fatti oggetto della contestazione disciplinare, seppure qualificati in maniera differente, il licenziamento dovrà ritenersi legittimo, senza che sia rilevabile alcuna menomazione del diritto di difesa del lavoratore.