Il Ministro dell’Economia ha recentemente affermato che i prestiti assistiti dal Fondo Pmi o da Garanzia Italia (Sace) “non mostrano situazioni di criticità”.
Tali dichiarazioni smentiscono, pertanto, gli allarmismi che avevano caratterizzato gli scorsi mesi e che consideravano come imminente un drastico aumento dei default.
Ma veniamo ai numeri.
A fine 2023 – dati Bankitalia – era giunto a scadenza il 45% dei prestiti garantiti e il loro tasso di deterioramento, calcolato su base annua, si attestava al 2%.
Interessante anche richiamare le stime elaborate da Mcc a marzo 2024 secondo cui a dicembre si è assistito a una crescita delle escussioni di garanzia, seppur ad un livello inferiore rispetto agli anni della pandemia.
Dati sicuramente incoraggianti se paragonati con quelli di altri Paesi, come ad esempio il Regno Unito dove, invece, un intervento di analogo tenore sta producendo tassi di default del 12%.
Ci si chiede, dunque, quali abbiano potuto essere i fattori vincenti.
La maggior parte degli analisti è concorde nell’individuarli tra i seguenti:
- lo stock liquidità accumulata dalle famiglie e dalle imprese;
- la mancata recessione;
- l’eliminazione, tra il 2008-2014, delle Pmi più deboli.
Ciò detto, anche se la situazione stimola un cauto ottimismo, Bankitalia ritiene opportuno non sottovalutare che, in ogni caso, “il tasso di deterioramento associato ai finanziamenti con garanzia pubblica risulta essere più elevato (2%) rispetto a quello mediamente riscontrato per i prestiti privi di garanzia statale (pari all’1% circa)”.
Va da sé che Bankitalia intende attenzionare il c.d. “rischio residuo”, vale a dire la circostanza che la garanzia non possa essere attivata per problematiche tecniche o mancato rispetto dei termini previsti.
Per questa ragione ha invitato le banche a procedere a un accertamento approfondito sulla qualità dei processi che presiedono le erogazioni garantite da fondi pubblici, da discutere in Cda per poi essere trasmessi a Bankitalia entro il prossimo 31 ottobre.