Il settore manifatturiero italiano sta attraversando una fase di profonda crisi, come evidenziano i dati più recenti. Questo declino, iniziato già prima della pandemia di COVID-19, si è accentuato negli ultimi anni a causa di molteplici fattori.
Secondo i dati Infocamere-Movimprese, negli ultimi cinque anni il settore ha perso circa 59.000 imprese, con una riduzione del 10,6% rispetto al 2019. I settori più colpiti sono stati la moda, con una perdita di 15.381 imprese, la fabbricazione di prodotti in metallo, con 9.000 imprese in meno, e l’industria del mobile, che ha visto una contrazione del 14%, pari a 3.576 aziende. Anche l’industria alimentare ha subito un calo significativo, perdendo circa 4.000 realtà, pari al 6% del totale.
Questa contrazione ha portato a un aumento significativo della richiesta di cassa integrazione. Nel 2024, le ore di cassa integrazione autorizzate hanno raggiunto quota 426,5 milioni, con un incremento del 30% rispetto all’anno precedente. Questo dato è più che raddoppiato rispetto ai livelli pre-Covid del 2019, quando si attestava a 201,9 milioni di ore.
Le ragioni di questa situazione sono molteplici e includono gli effetti prolungati della pandemia, l’aumento dei costi energetici e delle materie prime, le tensioni geopolitiche, in particolare la guerra in Ucraina, l’inflazione e il conseguente calo dei consumi, nonché l’aumento del costo del denaro.
La crisi ha colpito in modo particolare alcune aree geografiche, come le province marchigiane di Fermo, Ascoli Piceno e Macerata, tradizionalmente legate al settore calzaturiero e della pelletteria. Anche il distretto tessile di Biella ha subito un duro colpo, con una perdita del 15,4% delle imprese manifatturiere in cinque anni.
Si osserva inoltre una trasformazione del tessuto imprenditoriale: mentre le imprese individuali e le società di persone diminuiscono drasticamente, il calo delle società di capitali è più contenuto. Questo fenomeno riflette in parte una tendenza all’aggregazione e alla trasformazione delle piccole imprese in strutture più grandi e resilienti.
Nonostante il quadro generale sia preoccupante, emergono alcuni segnali positivi. I settori legati alla sostenibilità e all’innovazione tecnologica mostrano una maggiore dinamicità. Inoltre, la necessità di preservare le competenze specialistiche del Made in Italy sta spingendo verso nuove forme di collaborazione e integrazione tra imprese.
Per superare questa fase critica, sarà fondamentale puntare su innovazione, digitalizzazione e formazione professionale, oltre a politiche di sostegno mirate per i settori più in difficoltà. Solo attraverso un approccio integrato e lungimirante sarà possibile rilanciare il settore manifatturiero italiano, pilastro fondamentale dell’economia del paese.