07.06.2024 Icon

Accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza delle società: i poteri degli amministratori

Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) deroga sotto diversi profili al diritto comune e contribuisce a delineare un nuovo regime della ristrutturazione delle società. Tra le novità, vi è sicuramente l’esclusiva legittimazione ad accedere agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza agli amministratori della società, assicurando loro la piena indipendenza rispetto a ogni possibile condizionamento da parte dei soci.

Il nuovo assetto dei poteri societari delineato dal Codice della crisi ha evidentemente comportato un significativo arretramento dei soci a favore dell’organo amministrativo.

In particolare, il comma 4 dell’art. 120-bis, comma 1, CCII prevede che, dal momento dell’iscrizione nel registro delle imprese della decisione di accedere alla procedura di concordato e fino alla sua omologazione, i soci non possano discrezionalmente e illimitatamente revocare gli amministratori, ma soltanto in presenza di giusta causa.

La norma precisa altresì che l’accesso a una procedura concorsuale non costituisce giusta causa di revoca dalla carica; inoltre, a ulteriore tutela dell’autonomia degli amministratori, prevede la necessità che la decisione di revoca assunta nel “periodo di protezione” sia approvata con decreto dalla sezione specializzata del tribunale delle imprese.

Il tema è stato affrontato, in diverse occasioni, dalla giurisprudenza di merito, che – in uno dei primi arresti – ha rigettato l’istanza di approvazione della delibera assembleare di revoca intervenuta a seguito della decisione di accedere a uno degli strumenti di regolazione della crisi. Nel caso affrontato dal Tribunale dell’Aquila (sentenza del 18 aprile 2023), i giudici hanno anzitutto delineato i confini della nozione di “giusta causa”.

I giudici di merito hanno precisato che il presupposto per la revoca dell’amministratore, le cui ragioni devono in ogni caso essere sempre espressamente enunciate nella relativa delibera, è identificabile in tutte quelle circostanze sopravvenute, idonee a pregiudicare l’affidamento dei soci sulle capacità dell’organo amministrativo. Questo perché, il rapporto di amministrazione si fonda proprio sul legame di fiducia con la società, sicché la conformità al principio di proporzionalità della misura della revoca rispetto ai fatti imputabili agli amministratori si ricava dalla valutazione circa l’idoneità del loro comportamento a incrinare tale rapporto.

In tal modo, si delinea un concetto di giusta causa, che attribuisce rilievo anche a mere ragioni di opportunità. La revoca diventa pertanto strumentale a favorire una corretta reazione alla crisi, anche prescindendo da eventuali profili di responsabilità per la gestione pregressa.

Ad esempio, nel caso deciso dalla sopracitata sentenza, la società ricorrente aveva argomentato la sussistenza di una giusta causa di revoca anche in ragione del presunto abusivo ricorso a uno strumento di regolazione della crisi. Il Collegio, tuttavia, ha respinto l’istanza di approvazione della delibera, ribadendo, anzitutto, che la stessa non richiedeva un preventivo confronto con gli altri organi sociali, in quanto l’articolo 120 bis del Codice della crisi d’impresa impone esclusivamente un obbligo di informazione postuma dei soci da parte dell’organo amministrativo, giungendo addirittura a qualificarla come «abusiva», in considerazione del precedente contegno tenuto dagli amministratori, che si erano determinati ad accedere al concordato preventivo dopo aver invano tentato di superare lo stato di crisi finanziaria provocato proprio dai mancati pagamenti dei soci.

Autore Federica De Biase

Associate

Milano - UniQLegal

Federica.debiase@uniqlegal.it

Desideri approfondire il tema Utp ?

Contattaci subito