La prima sezione della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12290 del 07/05/2024, è nuovamente tornata ad esprimersi sull’art. 5 del d.lgs. 28/2010, facendo luce sulla non obbligatorietà della mediazione nell’ambito dalla fideiussione bancaria.
Orbene, come noto, l’art. 5, comma 1 bis del d.lgs. 28/2010 stabilisce che colui che intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia, tra gli altri, di contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a introdurre il procedimento di mediazione: il mancato esperimento del tentativo di mediazione produce una declaratoria di improcedibilità della domanda giudiziale. Per tale ragione il dibattito in dottrina e giurisprudenza, su quali siano effettivamente i casi in cui la mediazione è obbligatoria, è sempre stato acceso e, nello specifico, si è concentrato sulla definizione di “contratti bancari”. Per lungo tempo, l’opinione prevalente era quella di abbracciare un’interpretazione estensiva, rinviando la definizione di contratto bancario a tutti quei contratti disciplinati all’interno del d.lgs. n. 385/1993 (T.U.B.), ovvero, a tutti i contratti in cui una delle parti è una banca, facendo così rientrare negli stessi anche la fideiussione bancaria.
Orbene, con l’ordinanza n. 12290/2024, la Suprema Corte ha fornito una differente interpretazione. Nel caso di specie, una società a responsabilità limitata aveva convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli Nord una banca, affermando di aver intrattenuto presso di questa alcuni rapporti di conto corrente e chiedendo che venisse dichiarata l’invalidità totale (o in subordine parziale) dei contratti per difetto di forma scritta, unitamente all’accertamento negativo del credito. La banca si costituiva proponendo domanda riconvenzionale e chiamando in causa una società terza, in qualità di fideiussore. Nel costituirsi, il garante eccepiva l’improcedibilità della domanda avanzata anche nei suoi confronti, per mancato espletamento del tentativo di mediazione obbligatoria, ma la doglianza veniva rigettata sia in primo, sia in secondo grado. La debitrice principale decideva di ricorrere in Cassazione con un unico motivo: lasciandosi ispirare dall’eccezione avanzata in primo grado dalla terza chiamata, ricorreva lamentando la violazione di legge, per avere la Corte territoriale escluso dal novero dei contratti soggetti a mediazione obbligatoria la fideiussione rilasciata dalla ricorrente in favore della banca. Tale motivo, tuttavia, è stato ritenuto inammissibile ex art. 360 bis n. 1 c.p.c., il quale stabilisce che: “Il ricorso è inammissibile: 1) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa; 2) quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei princìpi regolatori del giusto processo”. Nello specifico, la Suprema Corte, ha ripreso il principio già espresso da Cass. 21 ottobre 2022 n. 31209, secondo cui “in tema di mediazione obbligatoria, le controversie relative ai contratti di fidejussione stipulati in favore di un cliente della banca sono escluse dall’ambito applicativo dell’art. 5, comma 1-bis d.lgs. 28/2010”. Infatti, la norma prescrive l’obbligatorietà della mediazione, ex plurimis, per i contratti bancari e finanziari, rinviando alla disciplina del d.lgs. 385/1993 (T.U.B.) e del d.lgs. 58/1998 (T.U.F.), senza includere la fideiussione, che non può essere definita un contratto bancario tipico. Al riguardo, viene richiamata anche la delibera CICR del 29 luglio 2008, secondo cui le procedure di risoluzione alternativa riguardano le controversie tra intermediari e clienti, definendo il cliente come quel soggetto che ha (o ha avuto) con l’intermediario un rapporto contrattuale avente ad oggetto la prestazione di servizi bancari o finanziari, con ciò escludendo la figura del fideiussore che è legato al cliente da un contratto di garanzia. La Corte, scegliendo questa interpretazione restrittiva, ha, pertanto, dichiarato il ricorso inammissibile con responsabilità aggravata del ricorrente.