Il Giudice di secondo grado non è obbligato a disporre la mediazione.
L’attrice conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Torino la figlia dei suoi debitori, chiedendo di accertare che la stessa aveva accettato tacitamente l’eredità dei genitori, al fine di poter avviare nei suoi confronti l’esecuzione immobiliare su un bene di proprietà dei debitori originari.
Il Tribunale accoglieva la domanda di accertamento e l’attrice proponeva ricorso per cassazione sulla scorta di undici motivi.
Tra gli altri, parte ricorrente eccepiva la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 474 c.c., dell’art. 5 L. Mediazione e dell’art. 91-92 c.p.c., per non essere stato esperito il tentativo di mediazione, seppure si vertesse in materia successoria.
La Suprema Corte ha ritenuto il motivo infondato.
Infatti, in tema di mediazione obbligatoria ex art. 5, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 28 del 2010, “il preventivo esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda, ma l’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza; ove ciò non avvenga, il giudice d’appello può disporre la mediazione, ma non vi è obbligato, neanche nelle materie indicate dallo stesso art. 5, comma 1-bis, atteso che in grado d’appello l’esperimento della mediazione costituisce condizione di
procedibilità della domanda solo quando è disposta discrezionalmente dal giudice, ai sensi dell’art. 5, comma 2 (Sez. 3, n. 4843 del 19 febbraio 2019)”.
Dunque, se nell’ambito del giudizio di primo grado non viene tempestivamente eccepito il mancato esperimento del tentativo di mediazione, successivamente il Giudice d’appello non è tenuto a dare termine per introdurre il procedimento di conciliazione, pur avendone la possibilità.