29.11.2022 Icon

La legittimazione attiva si può provare anche in sede di reclamo

È di segno positivo la recente Ordinanza emessa dal Tribunale di Patti all’esito del giudizio di reclamo ex art. 669 terdecies introdotto da una Società cessionaria del credito ed avente ad oggetto la tempestività della produzione documentale comprovante la titolarità del credito, seppur allegata solo in fase di reclamo.

Ripercorriamo brevemente lo svolgimento della vicenda.

Con ordinanza emessa nel maggio 2021, all’esito del giudizio ex art. 615 c. 2 c.p.c., promosso dal debitore pignorato in seno a procedura esecutiva immobiliare, il Giudice dell’opposizione aveva ritenuto sussistente la carenza di legittimazione attiva in capo alla creditrice procedente – società cessionaria del credito oggetto dell’esecuzione – ritenendo non adeguatamente provata la cessione del credito stesso.

Avverso tale provvedimento la Società cessionaria ha proposto reclamo all’esito del quale il Collegio è giunto a conclusioni del tutto opposte, emettendo ordinanza di accoglimento totale.

Tali conclusioni traggono origine dall’esame della nuova documentazione prodotta da parte reclamante, ovvero la dichiarazione rilasciata dall’Istituto di credito cedente, nella quale si legge: “il credito (..) è rientrato nell’operazione di cessione pro soluto di crediti e rapporti giuridici individuabili in blocco”.

Pertanto, pur non ritenendo “provata la legittimazione attiva del creditore procedente alla luce del solo Avviso di cessione di crediti pro soluto pubblicato sulla GU, valutati gli ulteriori documenti prodotti in sede di reclamo, in particolare la dichiarazione di avvenuta cessione da parte del creditore cedente”, Il Collegio ha considerato “provata la legittimazione attiva (della società cedente) a procedere ad esecuzione”.

Nell’Ordinanza in esame il Collegio ha, poi, respinto l’eccezione di tardività, sollevata dal reclamato, in ordine alla nuova documentazione prodotta dalla società cessionaria.

Sul punto, il Collegio ha argomentato, prendendo le mosse dal dato normativo, ovvero il comma 4, art. 669 terdecies c.p.c. – a mente del quale “Il Tribunale può sempre assumere informazioni e acquisire nuovi documenti” – e facendo proprio un orientamento giurisprudenziale largamente condiviso per cui “nel procedimento cautelare il ricorrente può colmare avanti al Collegio le lacune probatorie occorse in fase monocratica, vista la natura completamente devolutiva del reclamo cautelare e visto il dettato dell’art. 669-terdecies comma 4 c.p.c.”.

In conclusione, l’Ordinanza in commento ha avuto il pregio di offrire una soluzione ‘pratica’ ad un problema giuridico che sta assumendo una dimensione sempre più crescente in sede giurisprudenziale, nell’auspicio che questa pronuncia possa essere utilizzata come fondamento anche per decisioni future sul tema.

Autore Cecilia Picone

Associate

Milano

c.picone@lascalaw.com

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