08.10.2024 Icon

Inerzia del creditore intervenuto: effetti sull’interruzione della prescrizione

“In tema di prescrizione del diritto ad azionare il titolo esecutivo, la mancata rinnovazione della trascrizione del pignoramento su alcuni degli immobili non incide sull’effetto interruttivo permanente conseguente all’intervento nella procedura esecutiva, in quanto il creditore intervenuto non è onerato di un comportamento processualmente attivo fino al piano di riparto”.

Afferma quanto sopra la Corte di Cassazione con sentenza n. 20614 del 24 luglio 2024, evidenziando che l’intervento titolato in una procedura esecutiva determina un effetto interruttivo permanente della prescrizione del diritto ad azionare il titolo, il cui effetto si protrae sino alla chiusura della stessa.

Il ricorso per intervento, recante istanza di partecipazione alla distribuzione della somma ricavata, si ritiene dunque equiparabile alla “domanda proposta nel corso di un giudizio” idonea, a mente dell’art. 2943, secondo comma, cod. civ., a interrompere la prescrizione dal giorno del deposito del ricorso e a sospenderne il corso sino all’approvazione del progetto di distribuzione del ricavato della vendita.

In riferimento alla posizione del creditore procedente, è affermazione consolidata in giurisprudenza quella secondo la quale, in tema di prescrizione, l’effetto interruttivo permanente determinato dall’atto di pignoramento si protrae, agli effetti dell’art. 2945, comma 2, c.c., fino al momento in cui il processo esecutivo abbia fatto conseguire al procedente, in tutto o in parte, l’attuazione coattiva del suo diritto ovvero, alternativamente, fino alla chiusura anticipata del procedimento determinata da una causa non ascrivibile al creditore medesimo.

In caso contrario, quando cioè l’estinzione è ricollegata al verificarsi di eventi riconducibili ad un’inerzia consapevole del creditore procedente, all’interruzione dovrà riconoscersi invece effetto istantaneo, a norma dell’art. 2945, comma 3, c.c.

Chiarisce dunque la giurisprudenza che la perdita dell’efficacia interruttiva permanente della prescrizione viene associata alle ipotesi di estinzione tipica.

La ratio di tale principio è dunque quella di non far ricadere sul ceto creditorio le conseguenze della chiusura anticipata del processo, in tutte le ipotesi riconducibili alla categoria della cosiddetta estinzione per causa atipica.

Queste ipotesi sarebbero, infatti, tutte caratterizzate dalla non imputabilità al comportamento del creditore, o comunque determinate dal verificarsi di fatti sopravvenuti all’avvio del processo esecutivo neppure prognosticamente prevedibili.

La sentenza in commento chiarisce che dalla mancata rinnovazione della trascrizione a suo tempo eseguita da parte del creditore procedente consegue la perdita dell’effetto interruttivo permanente della prescrizione, in quanto qualificabile come condotta inattiva riconducibile ad un comportamento inerziale dello stesso.

D’altronde, proprio con specifico riguardo al ruolo del creditore intervenuto nell’ambito della procedura esecutiva, la giurisprudenza ha più volte affermato che non può attribuirsi effetto interruttivo della prescrizione ad attività endoprocessuali dallo stesso compiute quali la precisazione del credito, il deposito della nota spese e la richiesta di vendita dei beni residui pignorati o l’istanza di partecipazione alla distribuzione del ricavato della vendita dei beni pignorati.

Per la Suprema Corte, dunque, non potrà ritenersi gravato dall’onere di tenere un comportamento processualmente attivo il creditore intervenuto, attivandosi in prima persona per evitare che alcuni dei beni originariamente pignorati sfuggano all’assoggettamento alla procedura esecutiva.

Autore Francesco Tedesco

Associate

Milano

f.tedesco@lascalaw.com

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