17.03.2025 Icon

Processo a carico dell’ente: il contrasto in merito alla modalità di esercizio dell’azione penale riguardo ai reati senza udienza preliminare

E’ noto che la responsabilità amministrativa da reato degli enti prevista dal D.Lgs. 231/2001 abbia superato il brocardo “societas delinquere non potest”, introducendo nell’ordinamento un sistema sanzionatorio sostanzialmente penale a carico delle società.

Dopo oltre 20 anni dalla introduzione del Decreto, sono ancora numerose le questioni pendenti in merito alla sua applicazione. Tra le molte, si segnala quella relativa alle modalità di esercizio dell’azione penale da parte del Pubblico Ministero in caso di contestazione di un illecito ex D.Lgs. 231/2001 a carico dell’ente.

Al riguardo, occorre precisare che in merito all’esercizio dell’azione penale l’art. 59 D.Lgs. 231/2001 indica solo che il P.M.  contesta all’ente l’illecito con uno degli atti indicati dall’art. 407 bis c.p.p. Articolo del codice di procedura penale che, tuttavia, non richiama il decreto di citazione diretta a giudizio previsto dagli artt. 550 e ss. c.p.p.

Sul punto è dunque sorto un contrasto proprio in merito alle modalità di esercizio dell’azione penale riguardante gli illeciti  ex D.Lgs. 231/2001 collegati a reati previsti dall’art. 550 c.p.p., in relazione ai quali il P.M. esercita l’azione penale tramite decreto di citazione diretta a giudizio (e dunque senza richiesta di rinvio a giudizio e, conseguente, udienza preliminare).

Da un lato, la Quarta Sezione della Corte di Cassazione (con Cass. pen., Sez. IV, sent. 6 novembre 2024, n. 40724) – rigettando il ricorso proposto dalla Procura di Rimini avverso l’ordinanza con cui il Tribunale aveva dichiarato la nullità del decreto di citazione diretta a giudizio per vizio di esercizio dell’azione penale a carico dell’ente – ha avallato la tesi secondo cui debba sempre svolgersi l’udienza preliminare in caso di contestazione di un illecito ex D.Lgs. 231/2001. Ciò proprio in forza di quanto indicato dall’art. 59 D.Lgs. 231/2001.

Dall’altro lato, una diversa sezione della Suprema Corte (con la recente Cass. pen., Sez. V, sent. 28 febbraio 2025, n. 8369) ha, invece, espresso un indirizzo diametralmente opposto.

Secondo la Quinta Sezione della Corte, il mancato riferimento dell’art. 59 D.Lgs. 231/2001 al procedimento per citazione diretta a giudizio costituirebbe una “mera dimenticanza” del legislatore.

Di talché – valorizzando anche quanto previsto dall’art. 38, comma 1 D.Lgs. 231/2001, secondo cui il procedimento a carico dell’ente deve essere riunito a quello della persona fisica – laddove il reato presupposto contestato alla persona fisica sia tra quelli indicati dall’art. 550 c.p.p., il P.M. può contestare all’ente il correlato illecito 231 tramite decreto di citazione diretta a giudizio.

Autore Giulia Gritti

Trainee

Milano

g.gritti@lascalaw.com

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