Sia la legislazione nazionale sia quella sovrannazionale da ormai molti anni hanno introdotto numerose norme volte alla salvaguardia dell’ambiente. Ciò anche, e soprattutto, grazie ad una maggiore consapevolezza da parte della società in merito alla necessità di tutelare l’ecosistema che ci circonda.
In Italia, nello specifico, le norme di riferimento sono contenute per la maggior parte all’interno del Codice dell’Ambiente, ossia dal D.Lgs. 152/2006. Testo Unico che prevede, tra le molte norme disciplinate, anche numerose fattispecie di reato.
E proprio in relazione a tali fattispecie è recentemente intervenuta la Suprema Corte di Cassazione, la quale ha delineato la differenza tra il reato di abbandono di rifiuti (previsto dall’art. 256, commi 1 e 2 del codice ambiente) e il più grave reato di discarica abusiva (disciplinato dal comma 3 della norma).
Il caso deciso dalla Suprema Corte riguardava una sentenza di condanna pronunciata dalla Corte di Appello di Milano proprio per la contravvenzione di abbandono di rifiuti. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per Cassazione l’imputato.
Ricorso che, tuttavia, la Suprema Corte ha rigettato con Cass. pen., Sez. III, sent. 29 agosto 2024, n. 33287.
Con la propria sentenza gli ermellini hanno avuto modo di evidenziare – tra i plurimi istituti trattati – anche la differenza tra il reato di abbandono di rifiuti e la contravvenzione di discarica abusiva.
Nello specifico, si legge nella sentenza del Supremo Consesso che “tra i reati di discarica abusiva e abbandono incontrollato di rifiuti si verifica un fenomeno di duplice tipicità (apparente) sopravvenuta, quando una iniziale condotta di abbandono di rifiuti prosegue nel tempo in forme quantitativamente più importanti, progredendo verso la discarica abusiva. Entrambi i reati hanno infatti in comune la dismissione di rifiuti con tendenziale carattere di definitività, ma il criterio discretivo è stato rinvenuto principalmente nelle «dimensioni dell’area occupata» (…) la discarica abusiva si connota per le seguenti caratteristiche, la presenza delle quali costituisce valido elemento per ritenere configurata la condotta vietata: l’accumulo, più o meno sistematico, ma comunque non occasionale, di rifiuti in un’area determinata; l’eterogeneità dell’ammasso dei materiali; la definitività del loro abbandono; il degrado, quanto meno dello stato dei luoghi per effetto della presenza dei materiali in questione. Pertanto, mentre nella discarica abusiva la condotta o è abituale – come nel caso di plurimi conferimenti – o, pur quando consiste in un’unica azione, è comunque strutturata, ancorché grossolanamente, al fine della definitiva collocazione dei rifiuti in loco, nel reato di abbandono differisce la condotta è «meramente occasionale», ciò essendo desumibile dall’unicità ed estemporaneità della condotta medesima, che si risolve nel semplice collocamento dei rifiuti in un determinato luogo, in assenza di attività prodromiche o successive, e dalla quantità dei rifiuti abbandonati”.
Secondo gli ermellini, quindi, l’abbandono di rifiuti si configura solo nel caso di condotta estemporanea, occasionale, e comunque quando la quantità di rifiuti oggetto del reato sia modesta. Diversamente, il reo commette il più grave illecito previsto dall’art. 256, comma 3 TUA.