A seguito di una segnalazione trasmessa dallo “Sportello per il consumatore Energia e Ambiente”, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) ha aperto, nel 2019, un procedimento nei confronti della società di vendita di energia elettrica e gas naturale Green Network, accertando, in particolare, l’avvenuta applicazione, nelle bollette trasmesse ai clienti finali, di costi di gestione amministrativa previsti da una clausola delle condizioni generali dei contratti di fornitura proposti da Green Network alla clientela ritenuta illegittima da ARERA.
Il Regolatore ha quindi inflitto a Green Network una sanzione amministrativa pecuniaria, pari ad oltre 650.000 euro, per violazione degli obblighi di trasparenza tariffaria, ordinandole altresì di restituire ai clienti finali un ammontare di circa 14 milioni di euro, corrispondente agli importi illegittimamente applicati in bolletta.
Infruttuosamente impugnato il provvedimento dell’Autorità dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Green Network ha interposto appello al Consiglio di Stato, deducendo che il potere dell’autorità di regolazione nazionale di ordinare la restituzione di somme fatturate ai clienti sarebbe stato contrario alla Direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 (contenente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica), in quanto tale corrispettivo era stato concordato nell’ambito di rapporti contrattuali privatistici.
In tale contesto, il Consiglio di Stato ha sospeso il procedimento e ha sottoposto due questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia UE, domandandole:
- «se la normativa europea contenuta nella direttiva 2009/72 – in particolare nell’articolo 37, paragrafi 1 e 4, che disciplinano i poteri delle autorità di regolazione, e nell’Allegato I – possa essere interpretata nel senso di ricomprendere anche il potere prescrittivo esercitato dall’ARERA nei confronti delle società operanti nel settore elettrico con il quale si impone a dette società di restituire ai clienti, anche cessati e morosi, la somma corrispondente al corrispettivo economico da questi versata a copertura di spese di gestione amministrativa, in adempimento di una clausola contrattuale oggetto di sanzione da parte della stessa ARERA»;
- «se la normativa europea contenuta nella direttiva 2009/72 – in particolare nell’articolo 37, paragrafi 1 e 4, che disciplinano i poteri delle autorità di regolazione, e nell’Allegato I – possa essere interpretata nel senso di ricomprendere, nell’ambito dell’indennizzo e delle modalità di rimborso applicabili ai clienti del mercato elettrico se i livelli di qualità del servizio stipulati non sono raggiunti dall’operatore del mercato, anche la restituzione di un corrispettivo economico da questi versato, disciplinato espressamente in una clausola del contratto sottoscritto ed accettato, del tutto indipendente dalla qualità del servizio stesso, ma previsto a copertura di costi di gestione amministrativa dell’operatore economico».
Il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 37, paragrafo 1, lettere i) ed n), e paragrafo 4, lettera d), della direttiva 2009/72, nonché l’allegato I di quest’ultima, debbano essere interpretati in senso ostativo a che uno Stato membro conferisca all’autorità di regolazione nazionale il potere di ordinare alle società elettriche di restituire ai loro clienti finali la somma corrispondente al corrispettivo versato da questi ultimi a titolo di «costi di gestione amministrativa» in applicazione di una clausola contrattuale considerata illegittima da tale autorità, e ciò anche nel caso in cui l’ordine di restituzione in questione non sia fondato su ragioni attinenti alla qualità del servizio di cui trattasi fornito da dette società, bensì sulla violazione di obblighi di trasparenza tariffaria.
La Corte di Giustizia UE, nella sentenza 30 marzo 2023, causa C-5/22, ricorda, preliminarmente, come la direttiva 2009/72, abbia inteso conferire ai regolatori dell’energia il potere di garantire la piena efficacia delle misure per la tutela dei consumatori, esigendo, per tal verso, che gli Stati membri attribuiscano alle loro autorità di regolazione nazionali ampie prerogative in materia di regolazione e di sorveglianza del mercato dell’energia.
La Corte UE rileva poi che l’articolo 37 della direttiva 2009/72, relativo ai compiti e ai poteri dell’autorità di regolazione, non fa menzione della competenza di imporre alle società elettriche la restituzione di qualsiasi somma percepita a titolo di una clausola contrattuale considerata illegittima. Tuttavia, l’utilizzo, nell’articolo 37, paragrafo 4, della direttiva 2009/72, dell’espressione «all’autorità di regolamentazione devono essere conferiti almeno i poteri seguenti», indica che poteri diversi da quelli espressamente menzionati in detto articolo 37, paragrafo 4, possano essere attribuiti all’autorità, al fine di permetterle di assolvere i propri compiti contemplati all’articolo 37, paragrafi 1, 3 e 6, di tale direttiva.
Assicurare il rispetto degli obblighi di trasparenza che gravano sulle società elettriche e tutelare i consumatori rientrano, infatti, tra i compiti delle autorità di regolazione nazionali contemplati all’articolo 37, paragrafi 1, 3 e 6, di detta direttiva.
La Corte constata, pertanto, che uno Stato membro possa conferire all’autorità di regolazione il potere di ordinare a tali operatori la restituzione delle somme da essi percepite in violazione delle prescrizioni in materia di tutela dei consumatori, e segnatamente quelle concernenti l’obbligo di trasparenza e l’esattezza della fatturazione.
Tale interpretazione non è rimessa in discussione nemmeno dalla circostanza che l’articolo 36 della direttiva 2009/72 stabilisca che l’autorità di regolazione nazionale adotti le misure necessarie «in stretta consultazione con altre autorità nazionali pertinenti, incluse le autorità garanti della concorrenza, se del caso, e fatte salve le rispettive competenze», o che l’articolo 37, paragrafo 1, lettera n), di tale direttiva contenga l’espressione «in collaborazione con altre autorità competenti». Infatti – secondo l’interpretazione della Corte UE –l’impiego dei termini «se del caso» implica che tale consultazione è necessaria unicamente qualora la misura che si intende adottare possa avere implicazioni per altre autorità competenti.
Da ultimo, la Corte precisa che nella misura in cui la tutela dei consumatori e il rispetto degli obblighi di trasparenza rientrano tra i compiti previsti dall’articolo 37 della direttiva 2009/72, il motivo esatto per cui, al fine di assolvere uno di questi compiti, venga ordinato ad una società elettrica di rimborsare i propri clienti non assume alcun rilievo. La Corte UE conclude quindi affermando che «l’articolo 37, paragrafo 1, lettere i) ed n), e paragrafo 4, lettera d), della direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE, nonché l’allegato I della direttiva 2009/72, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che uno Stato membro conferisca all’autorità di regolazione nazionale il potere di ordinare alle società elettriche di restituire ai loro clienti finali la somma corrispondente al corrispettivo versato da questi ultimi a titolo di costi di gestione amministrativa in applicazione di una clausola contrattuale considerata illegittima da tale autorità, e ciò anche nel caso in cui l’ordine di restituzione in questione non sia fondato su ragioni attinenti alla qualità del servizio di cui trattasi fornito da dette società, bensì sulla violazione di obblighi di trasparenza tariffaria».