Nonostante perduri, se pur con oscillazioni, il periodo di crisi energetica e di pesanti spese per il costo dell’energia a carico di clienti domestici, micro, piccole e medie imprese, come pure per le pubbliche amministrazioni, il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE) non riesce a definire, e perciò a pubblicare, il decreto di attuazione dell’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 8 novembre 2021 n. 199; decreto che sarebbe deputato ad individuare criteri e modalità per la concessione di incentivi volti a promuovere la realizzazione di impianti inseriti, oltreché in sistemi di autoconsumo collettivo, nelle comunità energetiche.
Difatti le comunità energetiche rinnovabili sono state considerate nella Missione-2 Componente-2.1 (volta ad “incrementare la quota di energia prodotta da fonti di energia rinnovabile”) – e, in particolare, nell’Investimento “1.2: Promozione rinnovabili per le comunità energetiche e l’auto-consumo” – del PNRR (definitivamente approvato il 13 luglio 2021 con una Decisione di esecuzione del Consiglio dell’Unione Europea) un investimento che “si concentra sul sostegno alle comunità energetiche e alle strutture collettive di autoproduzione e consentirà di estendere la sperimentazione già avviata con l’anticipato recepimento della Direttiva RED II ad una dimensione più significativa e di focalizzarsi sulle aree in cui si prevede il maggior impatto socio-territoriale” e che “mira a garantire le risorse necessarie per installare circa 2.000 MW di nuova capacità di generazione elettrica in configurazione distribuita da parte di comunità delle energie rinnovabili e auto-consumatori di energie rinnovabili che agiscono congiuntamente” e che la “realizzazione di questi interventi, ipotizzando che riguardino impianti fotovoltaici con una produzione annua di 1.250 kWh per kW, produrrebbe circa 2.500 GWh annui”.
L’atteso decreto ministeriale – che il MASE avrebbe dovuto emettere entro centottanta giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo di riferimento (perciò entro 180 giorni dal 15 dicembre 2021) – deve infatti (proprio in punto di “risorse necessarie per”) definire i meccanismi di incentivazione anche degli impianti inseriti in comunità energetiche rinnovabili di potenza non superiore a 1 MW (CER), sulla base di precise direttrici quali:
a) la garanzia di accesso all’incentivo di impianti inseriti in una CER (i) entrati in esercizio (e “con lavori avviati” – precisava in modo anomalo il documento di consultazione pubblica indetta dal MASE ed online dal 28 novembre scorso, forse considerando impropriamente la norma all’art. 18 co. 2 del d.l.vo n. 199/2021 sulla semplificazione dei regimi di autorizzazione – “dopo la data di pubblicazione del decreto”) in data successiva alla entrata in vigore del d.l.vo n. 199/2021 e (ii) senza preventiva iscrizione a bandi o registri. Gli impianti – secondo il citato documento di consultazione MASE – dovrebbero possedere i requisiti prestazionali e di tutela ambientale necessari per rispettare il principio del “Do No Significant Harm”, con inclusione nell’ambito di applicazione anche dei potenziamenti di impianti già esistenti, fermo restando l’accesso all’incentivo limitatamente alla nuova sezione di impianto ascrivibile al potenziamento;
b) l’erogazione dell’incentivo solo in riferimento alla quota di energia condivisa da impianti (anche inseriti in CER) e utenze di consumo connesse alla rete di distribuzione tramite punti di connessione facenti parte dell’area sottesa alla medesima cabina primaria (ossia, impianto di trasformazione dell’energia elettrica che tipicamente serve aree da 50-60-000 clienti ossia 180.000 abitanti), fermo restando quanto disposto per le isole minori. Nei casi in cui tale condivisione sarebbe stata effettuata sfruttando la rete pubblica di distribuzione, la previsione di un unico conguaglio, composto da (i) restituzione delle componenti tariffarie disciplinate in via regolata, nonché di quelle connesse al costo della materia prima energia, compresa la quota di energia condivisa, e (ii) lo stesso incentivo previsto dall’art. 8 co. 1 del d.l.vo n. 199/2021;
c) l’erogazione dell’incentivo in forma di tariffa attribuita alla sola quota di energia prodotta dall’impianto (anche inserito in CER) e condivisa all’interno della sua relativa configurazione;
d) la garanzia dell’accesso all’incentivo fino al raggiungimento di contingenti di potenza stabiliti, su base quinquennale.
Il ritardo, tuttavia, non è ingiustificato, sia perché è stata prima necessaria la fase di consultazione con l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (Arera) – che il 29 dicembre 2022 ha pubblicato il Testo unico integrato delle disposizioni dell’autorità di regolazione per energia reti e ambiente e l’autoconsumo diffuso (TIAD) -, sia perché il MASE deve oggi concludere l’avviato iter di “autorizzazione” da parte la Comunità Europea (rilevando il rispetto della normativa sugli aiuti di stato) sul testo (in bozza) del decreto attuativo incentrato sulle due misure strutturali dell’incentivo in tariffa e del contributo a fondo perduto, su tutte le tecnologie rinnovabili, quali il fotovoltaico, l’eolico, l’idroelettrico e le biomasse; mentre riguarderebbe soltanto le comunità energetiche realizzate nei comuni sotto i cinquemila abitanti, la misura di contribuzione a fondo perduto fino al 40% dell’investimento per interventi riguardanti la realizzazione di nuovi impianti e il potenziamento di impianti già esistenti.
Proprio il TIAD – che trova applicazione a decorrere dall’ultima data tra l’odierno 1^ marzo 2023 e la data di entrata in vigore del decreto del MASE di cui all’articolo 8 del d.l.vo n. 199/21 – è stato formato per rendere attuabile l’operatività delle comunità energetiche, definendo infatti l’autoconsumo diffuso quale configurazione rientrante in diverse tipologie, fra cui (oltre ai gruppi di autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente, i gruppi di clienti attivi che agiscono collettivamente e gli autoconsumatori) la “comunità energetica rinnovabile o comunità di energia rinnovabile” e la “comunità energetica dei cittadini”.
Tre sono le definizione rilevanti per comprendere il contesto in cui opera l’autoconsumo diffuso:
- l’elettrica condivisa, che è, in ogni ora e per l’insieme dei punti di connessione ubicati nella stessa zona di mercato (tipicamente macroregionale), il minimo tra l’energia elettrica immessa ai fini della condivisione e l’energia elettrica prelevata ai fini della condivisione.
Le zone di mercato individuate da Terna dal 01.01.2021 sono queste:
- l’energia elettrica autoconsumata, che è, per ogni ora, l’energia elettrica condivisa afferente ai soli punti di connessione ubicati nella porzione della rete di distribuzione sottesa alla stessa cabina primaria e individuata dalle imprese distributrici nei propri siti internet entro lo scorso 28 febbraio 2023 (per e-distribuzione la mappa è disponibile a questo indirizzo).
- l’energia elettrica oggetto di incentivazione, che invece è l’energia elettrica incentivata ai sensi e secondo le disposizioni del decreto del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica di cui all’articolo 8 del d.l.vo n. 199/21 ovvero del decreto ministeriale 16 settembre 2020.
Esemplificativamente, una comunità energetic potrebbe condividere l’energia prodotta (da impianti di qualsiasi taglia e fonte) e prelevata (dai clienti finali aderenti) nella zona di mercato centro-Nord (Toscana e Marche). Tale energia beneficerebbe della riduzione dei corrispettivi di trasporto per la parte autoconsumata, ossia quella sottesa alla medesima cabina primaria, ed accedere agli incentivi che verranno fissati dal MASE, per la quota prodotta da fonti rinnovabili di nuova installazione di taglia non superiore a 1MW.
Molte, comunque, sono gli aspetti organizzativi e gli strumenti che le comunità energetiche dovranno risolvere.
Tra questi: lo strumento contrattuale più idoneo e le modalità di ripartizione degli incentivi, la piattaforma tecnologica attraverso la quale gestire la numerosità delle dei dati e delle informazioni necessarie e, last but not least, il management (del “referente”) a cui affidare l’amministrazione della comunità nel rispetto delle finalità e dell’oggetto sociale, anche perché la partecipazione alla configurazione di autoconsumo diffuso non potrà costituire l’attività commerciale e industriale principale delle imprese private.