La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, è tornata nuovamente a pronunciarsi sulla possibilità per il creditore di ottenere l’insinuazione del proprio credito con la collocazione ipotecaria, sebbene manchi un’espressa istanza di riconoscimento della prelazione richiesta.
Ciò a condizione che il privilegio possa desumersi dalle complessive indicazioni contenute nella domanda e sul presupposto di ritenere sufficiente la presenza nella domanda di elementi idonei da cui dedurre la natura privilegiata del credito.
Con detta pronuncia si è voluto pertanto dare continuità ad un orientamento consolidato secondo cui “la volontà del creditore di ottenere l’insinuazione al passivo fallimentare del proprio credito con la collocazione ipotecaria possa chiaramente desumersi, sebbene manchi un’espressa istanza di riconoscimento della prelazione, dalle complessive indicazioni contenute nella domanda e dalla chiara esposizione della causa del credito in relazione alla quale essa è richiesta” (cfr. sul punto Cass. 9 aprile 2018, n. 8636; Cass. 2 ottobre 2015, n. 19714; Cass. 6 agosto 2014, n. 17710).
Nella fattispecie de qua il ricorrente, nel chiedere l’ammissione al passivo del proprio credito, aveva specificato che si trattava di somme dovute a titolo di retribuzioni, tredicesima, ferie, ossia circostanziato la propria domanda allegando altresì documentazione atta a palesare la natura privilegiata del credito da lavoro dipendente.
Quindi, la Corte ha ribadito che le informazioni contenute nell’istanza unitamente ai documenti alla stessa allegati sono da considerarsi sufficienti ai fini dell’applicazione della prelazione, emergendo espressamente il titolo del credito dalla cui indicazione poteva desumersi inequivocabilmente la volontà di ottenere l’ammissione al passivo in via privilegiata.
E ciò, nonostante la mancata formulazione di una espressa richiesta di riconoscimento della prelazione.
Sulla scorta dei superiori rilievi, la Suprema Corte ha cassato il decreto impugnato che aveva ammesso solo in via chirografaria, negando dunque il privilegio, il credito di un lavoratore dipendente, il quale pur in assenza di una specifica richiesta in tal senso, aveva specificato gli elementi a sostegno della prelazione richiesta.
Cassazione civile, sez. VI, 20 settembre 2021
Cass., Sez. VI, 20 settembre 2021
Giuseppe Caputi – g.caputi@lascalaw.com
Luigia Cassotta – l.cassotta@lascalaw.com
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