Con il Decreto Legge nr. 11 del 16 febbraio 2023, già approdato alla Camera, il Governo ha optato per un clamoroso dietrofront volto a bloccare il caos che da tempo domina il mercato dei crediti fiscali legati ai lavori edilizi.
La cessione dei crediti fiscali dei bonus edilizi, a partire dal superbonus, ha fatto lievitare il deficit nel 2022, ricalcolato sulla base delle nuove regole dell’Eurostat. Lo scorso anno, certifica l’Istat, l’indebitamento si è attestato all’8% del Pil, superando l’obiettivo del 5,6% indicato dal governo Meloni nella Nota di aggiornamento al Def rivista e integrata a novembre.
L’Istat ha quindi chiarito l’effetto superbonus sui conti pubblici. Alla luce delle nuove regole Eurostat e dei rilievi introdotti con la pubblicazione del Manuale sul disavanzo e sul debito pubblico, secondo il nuovo sistema dei conti nazionali, e a seguito dell’esito degli approfondimenti metodologici condotti congiuntamente da Istat e Eurostat, è mutato il trattamento contabile del ‘Superbonus 110%’ e del cosiddetto ‘Bonus facciate’ a partire dall’anno di stima 2020. Pertanto entrambi i crediti di imposta sono ora classificati come crediti di imposta di tipo ‘pagabili’, e registrati nel conto consolidato delle amministrazioni pubbliche come spese per l’intero ammontare, ovvero la spesa pubblica deve essere registrata all’inizio, nel momento in cui si verifica l’investimento che dà diritto al credito d’imposta, in quanto il credito d’imposta è maturato in quel momento.
Nelle precedenti stime, entrambe le agevolazioni erano state classificate come crediti di imposta di tipo ‘non pagabili’ ed erano quindi registrate come minor gettito nell’anno di utilizzo del credito, quindi, come minore entrata tributaria. I tecnici del Tesoro ritengono che l’impatto importante sui conti del 2022, sarà limitato sul deficit del 2023, stimato al 4,5% dal governo.
Da qui la necessità di un intervento repentino.
Il Governo si è concentrato su tre misure, la prima riguarda proprio il divieto di cessioni dei crediti di tutti i bonus fiscali, escludendo gli interventi già avviati, la seconda concerne il blocco delle operazioni di acquisto di crediti da parte delle regioni e di altri enti pubblici e, infine, la terza misura è volta a limitare la responsabilità del fornitore che ha applicato lo sconto in fattura e dei cessionari dei crediti.
Per i nuovi interventi edilizi rimarranno, dunque, tutte le forme di bonus però solo nella forma di detrazione di imposta.
La decisione del Governo non è stata esente da critiche da parte delle opposizioni e delle associazioni di categoria, che hanno chiesto di attenuare nella fase transitoria gli effetti del decreto, ad esempio spostando la data di inizio del divieto al 30 aprile (Confindustria) oppure permettendo alle banche di compensare i crediti da loro acquisiti con parte dei debiti contenuti nei modelli F24 presentati ai loro sportelli dalla clientela (Abi e Ance).
Il Governo si è impegnato a porre rimedio agli effetti negativi della cessione del credito in relazione ai bonus edilizi. Il prossimo passo è un tavolo tecnico con le associazioni di categoria sui cosiddetti ‘crediti incagliati’, cioè i crediti maturati e che il sistema bancario ha difficoltà ad assorbire, ciò al fine di introdurre norme transitorie volte a fornire soluzioni nel passaggio dal regime antecedente al decreto legge a quello attuale, tenendo conto della situazione delle imprese di piccole dimensioni e di quelle che operano nelle zone di ricostruzione post-sisma.
Vedremo le iniziative che verranno intraprese.