02.12.2020 Icon

No al fallimento del debitore garantito ad opera del fideiussore, senza il pagamento

La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 25317/20, depositata l’11 novembre scorso, ha affermato il seguente principio: il fideiussore che, escusso dal creditore garantito, non abbia provveduto all’effettivo pagamento del debito, non può automaticamente essere legittimato, ai sensi dell’art. 6 l. fall., a proporre l’istanza di fallimento contro il debitore principale per il solo fatto di averlo convenuto in giudizio con l’azione ex art. 1953, c.c.

La proposizione di tale azione, infatti, non ha, come diretta conseguenza, quella di munirlo di un titolo astrattamente idoneo ad attribuirgli la qualità di creditore concorsuale in caso di apertura del fallimento.

La condizione legittimante l’istanza di fallimento di cui all’art. 6 l. fall., prescinde dal contenuto della pretesa di credito e dal tipo di azione in altra sede giudiziale intrapresa a sua tutela, operando anche quando essa non integri una prestazione monetaria e purché l’oggetto del credito sia tale da potersi convertire, all’instaurazione del concorso, in una posizione soggettiva astrattamente ammissibile al passivo; non presuppone neppure un definitivo accertamento del credito in sede giudiziale, né l’esecutività del titolo, essendo viceversa a tal fine sufficiente un accertamento incidentale da parte del giudice, all’esclusivo scopo di verificare la legittimazione dell’istante.

Ciò che è assolutamente necessario, quindi allorché l’iniziativa ex art. 6 l. fall. è spiegata, è che il fideiussore promotore abbia previamente adempiuto all’obbligazione garantita in favore del creditore garantito.

Nello stesso senso la Corte prosegue, poi, escludendo che anche il diritto del fideiussore al regresso (o alla surrogazione nella posizione del creditore principale) possa sorgere – ancorché in via condizionale – anteriormente all’adempimento dell’obbligazione in garanzia.

La Corte, con tale ordinanza si pone, quindi, sul solco già da tempo tracciato dalla giurisprudenza di legittimità per cui, in tema di concorso di creditori ex art. 61, comma 2 l. fall., il fideiussore non può vantare un credito di regresso prima dell’effettivo pagamento e, dunque, non può neppure essere ammesso con riserva per un credito condizionale.

Infatti l’insinuazione al passivo del credito del coobbligato può aver legittimamente luogo solo se, e nella misura in cui, sia già avvenuto il pagamento, che configura il fatto costitutivo del diritto  al regresso o della modifica in sede di surrogazione o della sua assunzione, nel rapporto principale, della veste di unico creditore; l’ammissione al passivo dei crediti con riserva, infatti, esige una situazione soggettiva non dispiegabile con pienezza soltanto per difetto di elementi accidentali esterni (Cass. 11521/2020; Cass. 22308/2019; Cass. 19609/2017; Cass., 613/2013).

In conclusione, quindi il fideiussore che voglia promuovere ricorso per fallimento del debitore principale, ovvero che al momento della dichiarazione di fallimento di questo, voglia assicurarsi la tutela del suo eventuale diritto di rivalsa, presentando la domanda di ammissione al passivo, deve aver preventivamente adempiuto l’obbligazione garantita, fatto costitutivo del diritto di credito da far valere nei confronti del fallito.

Cass., Sez. I, Ord.,11 novembre 2020, n. 25317Michela Crestani – m.crestani@lascalaw.com

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