11.08.2022 Icon

Partecipazione sociale in comproprietà: come ti impugno la delibera

In tema di comproprietà di una partecipazione sociale, la legittimazione ad agire relativamente all’impugnazione di una delibera rimane in capo ai comproprietari ogni qual volta l’azione è esercitata collettivamente da tutti i comproprietari della partecipazione stessa. Alla luce dell’iniziativa concordata dei comproprietari – che in tal modo riassumono il potere delegato – non è dunque necessario l’intervento del rappresentante comune. 

Nel caso di specie, gli attori (che avevano acquisito mortis causa la comproprietà di una partecipazione della società Alfa) impugnavano la delibera assembleare della società Alfa mediante la quale si stabiliva la prosecuzione dell’attività sociale con gli attori, nonostante essi avessero espressamente manifestato la loro volontà di esercitare il diritto alla liquidazione statutariamente previsto, adducendo la violazione del diritto di recesso previsto dall’art. 2469, 2° comma, c.c.. La società Alfa si costituiva in giudizio eccependo il difetto di legittimazione attiva degli attori che, al contrario, sarebbe dovuta spettare al rappresentante comune dei comproprietari. 

Il Tribunale di Catanzaro, con sentenza emessa in data 7 febbraio 2022, nel dichiarare la legittimazione attiva dei comproprietari, ha ricordato che la comproprietà della partecipazione sociale consiste in una sorta di comunione alla quale è dunque applicabile in via diretta la disciplina della comunione ordinaria e la norma speciale dettata dall’art. 2468, 5° comma, c.c.. La ratio di quest’ultima norma è evidentemente quella di assicurare, sul piano organizzativo, un corretto e trasparente svolgimento dei rapporti tra società e comproprietari. Per tale ragione, “è evidente che la legittimazione ad agire rimane in capo ai comproprietari della partecipazione societaria ogni qual volta l’azione è esercitata unitariamente da tutti i comproprietari della partecipazione stessa”, dato che “in tal modo riassumono il potere delegato e, attraverso l’iniziativa concordata, prevengono i rischi che conflittualità interne abbiano a riflettersi sulla portata delle deliberazioni dell’assemblea” (Cass., 18 luglio 2007, n. 15962). 

Ad ogni modo, accertata la legittimazione attiva degli attori, il Collegio non riteneva fondati i motivi di impugnazione della delibera e rigettava le domande formulate dai comproprietari. In particolare, gli attori deducevano che la delibera con la quale l’assemblea dei soci deliberava la prosecuzione dell’attività sociale con i comproprietari, nonostante la loro volontà di pervenire alla liquidazione della quota ereditata, era stata assunta in base ad una clausola statutaria contraria all’art. 2469 c.c.. Effettivamente, la predetta clausola subordinava la continuazione o la liquidazione della quota del defunto al mero gradimento degli altri soci, ma, nel caso concreto, questi ultimi esprimevano parere favorevole a che la società continuasse con gli eredi del socio defunto. 

Come è noto, infatti, il diritto di recesso previsto dall’art. 2469 c.c. non è accordato per il semplice fatto che sia prevista una clausola di mero gradimento, ma per consentire al socio di non rimanere prigioniero della società a fronte del diniego del gradimento. A tal riguardo, il Tribunale di Catanzaro ha osservato che “il diritto di recesso, infatti, non è la contropartita della pattuizione, compiuta dai soci nell’esercizio dell’autonomia privata, di una clausola di gradimento, bensì della limitazione alla libera trasferibilità delle quote, che consegue al diniego del gradimento. Infatti, se il gradimento non è negato, il socio non subisce alcuna compromissione alla libertà di trasferire le quote, sì che la presenza della clausola rimane per lui un mero fatto formale, privo di valenza lesiva e perciò non giustificante l’attribuzione del diritto di recesso (la cui gravosità per la società – rispetto alla cessione delle quote, tendenzialmente neutra – è indubbia, potendo addirittura comportare la necessità di liquidazione di tutto o di parte del patrimonio sociale)”. 

Trib. Catanzaro, 7 febbraio 2022

Autore Riccardo Siligardi

Trainee

Bologna

r.siligardi@lascalaw.com

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