Il diritto del socio di percepire gli utili maturati da una s.r.l. presuppone una preventiva delibera assembleare che ne disponga la distribuzione, rientrando nei poteri dell’assemblea la facoltà di prevedere l’accantonamento o il reimpiego degli stessi nell’interesse della società anziché distribuirli.
Il principio è stato ribadito nella sentenza dell’8 febbraio 2024, emessa dal Tribunale di Milano, dinanzi al quale una socia di s.r.l. aveva convenuto la medesima società al fine di ottenere una pronuncia che dichiarasse l’invalidità della delibera assembleare con la quale era stato approvato il bilancio di esercizio relativo all’anno 2020, nella parte in cui si era disposto l’accantonamento a riserva straordinaria degli utili maturati l’anno precedente.
Nello specifico, l’attrice lamentava che la decisione di non distribuire gli utili fosse immotivata ed ispirata “da un intento punitivo e vessatorio” nei confronti suoi e dell’altro socio di minoranza, integrando un’ipotesi di abuso o eccesso di potere del socio di maggioranza.
Il Tribunale riteneva, tuttavia, totalmente infondata la circostanza e rigettava la richiesta attorea, sostenendo che con riferimento al diritto dei soci di partecipare alla distribuzione degli utili, rientri “nei poteri dell’assemblea che approva il bilancio, la facoltà di prevederne l’accantonamento o il reimpiego”, a condizione che ciò avvenga nell’interesse della società. Conseguentemente, una simile decisione è censurabile solamente “se frutto di iniziative dei soci di maggioranza volte ad acquisire posizioni di indebito vantaggio a danno degli altri soci cui sia resa più onerosa la partecipazione”.
Rigettando la richiesta attorea, il Tribunale precisava, inoltre, che la circostanza integrante un’ipotesi di abuso o eccesso di potere dei soci di maggioranza può verificarsi in due casi alternativi: quando la decisione assembleare persegue interessi personali dei soci di maggioranza contrastanti con quelli della società ovvero quando costituisce un’attività fraudolenta diretta a ledere i diritti di partecipazione del socio di minoranza.
In ogni caso, il socio di minoranza che impugna la delibera di accantonamento degli utili avrà l’onere di dimostrare “che la decisione dell’accantonamento degli utili adottata a maggioranza abbia ingiustificatamente sacrificato la sua legittima aspettativa a percepire la remunerazione del suo investimento, avendo rivestito carattere abusivo perché volta intenzionalmente a perseguire un obiettivo antitetico all’interesse sociale o a provocare la lesione della posizione degli altri soci in violazione del canone di buona fede oggettiva che deve informare l’esecuzione del contratto sociale ove l’esercizio in comune dell’attività economica avviene proprio allo scopo di dividerne gli utili”.
In generale, infatti, nonostante il socio abbia il diritto di partecipare alla distribuzione dei proventi maturati dalla società, ciò incontra un “limite” nella volontà degli altri soci, posto che ai sensi dell’art. 2433 c.c. la distribuzione di tali utili è adottata dall’assemblea dei soci, con una delibera presa a maggioranza. Pertanto, qualora detta maggioranza decida – come nel caso in commento – di non procedere alla distribuzione degli utili maturati nel corso dell’esercizio precedente, preferendo accantonarli in tutto o in parte, se ciò è volto a tutelare interessi sociali, il socio di minoranza non potrà pretendere la distribuzione di tali utili, dovendo sottostare alla volontà sociale.
Infine il Tribunale rammentava che nel caso in cui il socio impugni la delibera assembleare che ha approvato il bilancio e disposto l’accantonamento o il reimpiego degli utili in luogo della loro distribuzione, invocando un possibile abuso della maggioranza, “il sindacato sull’esercizio del potere discrezionale della maggioranza … deve arrestarsi alla legittimità della deliberazione attraverso l’esame di aspetti sull’evidenza sintomatici della violazione della buona fede e non può spingersi a complesse valutazioni di merito in ordine all’opportunità delle scelte di gestione”.
In virtù di queste considerazioni, il Tribunale riteneva manifestamente infondata la domanda attorea e non ravvisava alcun abuso di diritto da parte del socio di maggioranza, dal momento che la delibera era stata adottata con il voto dell’altro socio di minoranza e che la decisione di non distribuire utili non aveva in alcun modo danneggiato la società, tenuto, altresì, conto della eccezionale situazione di emergenza pandemica e della conseguente scelta prudenziale dei soci di aumentare le risorse economiche disponibili per la società per tutelare e garantire la continuità aziendale.