Cass., Sezione VI civile, ordinanza 4 novembre 2013 n. 24674 (leggi la sentenza per esteso)
La Corte di Cassazione con ordinanza n. 24674 del 4 Novembre 2013 ha definito annullabile il contratto concluso dal rappresentante con sé stesso se la procura, ancorché autorizzi quest’ultimo ad un simile contratto, non contiene una determinazione degli elementi negoziali sufficiente a tutelare il rappresentato.
Nel caso di specie la Suprema Corte ha accolto il ricorso del tutore di un uomo sottoposto a interdizione legale, perché la procura speciale ad esso conferita da quest’ultimo, in relazione alla vendita dell’immobile (da lui stesso poi acquistato) avvenuta, secondo una perizia, a valori dimezzati rispetto a quelli di mercato, non conteneva l’indicazione di un prezzo minimo. La Corte ha precisato, infatti, che gli art. 1394 e 1395 c.c., rispettivamente prevedono: “a) che il contratto concluso dal rappresentante in conflitto d’interessi con il rappresentato può essere annullato se il conflitto era conoscibile dal terzo; b) che è annullabile il contratto concluso dal rappresentante con sé stesso, in proprio o quale rappresentante di un’altra parte, salvo che non vi sia stata specifica autorizzazione, ovvero che il contenuto del contratto sia stato predeterminato, in modo da escludere il conflitto”.
La Corte di Cassazione, infatti, ha ulteriormente stabilito testualmente che “in tema di annullabilità del contratto concluso dal rappresentante con se stesso, l’autorizzazione data dal rappresentato al rappresentante a concludere il contratto con se stesso in tanto può considerarsi idonea ad escludere la possibilità di un conflitto di interessi e quindi l’annullabilità del contratto, in quanto sia accompagnata dalla puntuale determinazione degli elementi negoziali sufficienti ad assicurare la tutela del rappresentato”.
Di conseguenze ciò che si deduce è che la validità del contratto è legata all’indicazione, nella procura, dei requisiti minimi negoziali in virtu’ dei quali il rappresentante può contrarre con se’ stesso; diversamente, l’interesse perseguito non sarebbe più quello del rappresentato, ma quello del rappresentante, come avvenuto nel caso di specie. La norma ovviamente non prevede e non persegue tali finalità.
Inoltre, a giudizio della Suprema Corte, il contenuto della procura – consistente, in questo caso, nella facoltà di contrarre con sé stesso, di determinare il prezzo di vendita e di vendere al prezzo che il rappresentante avesse ritenuto conveniente – è tale da non consentire l’individuazione di alcuna preventiva indicazione dei requisiti minimi che il contratto avrebbe dovuto contenere, risultando, dunque, troppo generica.
Ciò posto, si rileva che la sentenza in appello impugnata, “con motivazione insufficiente”, ha ritenuto che “l’espressa autorizzazione a concludere il contratto con sé stesso fosse idonea a escludere il conflitto” senza motivare tuttavia “sulla base di quali parametri oggettivi o di quali concreti elementi di riferimento avrebbe potuto essere determinato il prezzo”.
In verità, come detto “il requisito della specificità dell’autorizzazione di cui all’articolo 1395 c.c. deve essere riferito anche alla specificità dei criteri di determinazione dell’elemento essenziale del prezzo”.
Di conseguenza la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassato la sentenza impugnata e rinviato, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.
12 dicembre 2013(Franco Pizzabiocca – f.pizzabiocca@lascalaw.com)