01.12.2023 Icon

Leasing simulato e abuso del diritto: sanzioni tributarie inevitabili

La vicenda di causa muove le premesse da un’azione dell’Agenzia delle Entrate, la quale, in un contesto governato dal regime opzionale di consolidamento fiscale nazionale, come previsto dagli articoli da 117 a 129 del DPR n. 917/86 (TUIR), aveva notificato alla società Consolidata e alla Consolidante quattro avvisi di accertamento relativi ai periodi di imposta 2002 e 2005, nonché una cartella di pagamento iscritta a ruolo a titolo provvisorio conseguente all’accertamento per l’anno 2011, con i quali si era poi proceduto al recupero di maggior Irpeg/Ires, Irap e Iva, oltre all’irrogazione di sanzioni.

Le pretese dell’Agenzia erano conseguenti ad una verifica fiscale che aveva riguardato un contratto di leasing traslativo, avente ad oggetto un complesso immobiliare, stipulato tra due società (A e B) facenti parte del medesimo gruppo societario.

In particolare, secondo la ricostruzione operata in sede di verifica: (i) il complesso immobiliare era stato dapprima di proprietà della società K ed era stato condotto in locazione ordinaria dalla società B; (ii) entrambe le società (K e B) appartenevano ad un gruppo multinazionale con a capo la società C, controllante la società finanziaria D e le società capogruppo italiana E, che a sua volta controllava la società B.

Delineato in questi termini il perimetro, l’Agenzia delle Entrate aveva accertato che la società utilizzatrice B aveva manifestato alla società concedente K (prima proprietaria dell’immobile) il proprio interesse all’acquisto della proprietà dell’immobile; sennonché, questo venne dapprima venduto alla società A e poi concesso in leasing traslativo alla società B per un importo che, sommato con il proprio capitale, corrispondeva al prezzo di acquisto del complesso immobiliare.

Per tali motivazioni, l’Agenzia delle Entrate giunse alla conclusione che la scelta della stipula del contratto di leasing, in luogo dell’acquisto dell’immobile, aveva avuto come unica motivazione quella di ottenere indebitamente il vantaggio fiscale di poter dedurre i canoni di locazione per i nove anni di durata del contratto, mentre nel diverso caso di acquisto dell’immobile si sarebbe dovuto procedere alla più lunga e onerosa deduzione delle quote di ammortamento.

Per questa ragione, l’Ufficio aveva prospettato che l’operazione posta in essere da tali società fosse stata realizzata con abuso del diritto, posto che il contratto di leasing traslativo doveva considerarsi simulato per interposizione fittizia.

La CTP di Firenze, tuttavia, non era dello stesso avviso, ragion per cui venivano accolti i ricorsi (poi riuniti) delle società coinvolte, cui faceva seguito l’appello dell’Agenzia delle Entrate alla Commissione tributaria regionale della Toscana, che nell’accogliere il gravame escluse però l’applicazione delle sanzioni tributarie previste per legge.

Da qui il successivo ricorso in Cassazione, sul quale la Suprema Corte è intervenuta come segue: “il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, secondo il quale l’amministrazione finanziaria disconosce e dichiara non opponibilile operazioni e gli atti, privi di valide ragioni economiche, diretti solo a conseguire vantaggi fiscali, in relazione ai quali gli organi accertatori emettono avviso di accertamento, applicano ed iscrivono a ruolo le sanzioni di cui al D. Lgs. n. 471 del 1997, art. 1, comma 2, comminate dalla legge per il solo fatto di avere il contribuente indicato in dichiarazione un reddito imponibile inferiore a quello accertato, rendendo così evidente come il legislatore non ritenga gli atti elusivi quale criterio scriminante per l’applicazione delle sanzioni, che, al contrario, sono irrogate quale naturale conseguenza dell’esito dell’accertamento volto a contrastare il fenomeno dell’abuso del diritto (Cass. civ., 31 dicembre 2019, n. 34750; Cass. civ., 10 agosto2022, n. 24613; Cass. civ., 19 maggio 2022, n. 16120; Cass. civ., 31 marzo 2022, n. 10519; Cass. civ., 16 gennaio 2023, n. 1166). E’ vero che questa Corte, terza sezione penale, con la sentenza 7 ottobre 2015, n. 40272, ha escluso che le ipotesi elusive possano configurare una condotta penalmente rilevante, inquanto il nuovo art. 10-bis cit., esclude espressamente che le operazioni che siano prive di sostanza economica e realizzino vantaggi fiscali indebiti possano dar luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie. Ma si è parimenti segnalato (Cass. civ., 10 agosto 2022, n. 24613) che la scelta del legislatore di depenalizzare le operazioni integranti abuso del diritto non è stata accompagnata dalla previsione della assoluta mancanza di sanzionabilità delle predette operazioni, essendo rima sta salva l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie

Queste, dunque, le ragioni in base alle quali la pronuncia del giudice del gravame è stata ritenuta viziata da violazione di legge.

Autore Francesco Concio

Partner

Milano

f.concio@lascalaw.com

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