La vicenda di causa muove le premesse dall’appello promosso da una società utilizzatrice di un bene concesso in leasing, rimasta soccombente nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo promosso avanti al Tribunale di Bologna.
La ragione: la sentenza di primo grado avrebbe dovuto accogliere l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata in ragione del fatto che detta società doveva essere inquadrata nell’ambito delle cd. “microimprese”, come definite dal D.Lgs. n. 206/2005, art. 18, lett. d-bis (Codice del Consumo).
In particolare, si legge nelle motivazioni dell’appello, il Tribunale di Bologna avrebbe dovuto giungere alla conclusione che il decreto ingiuntivo era stato depositato avanti ad un Foro territorialmente incompetente, poiché le “microimprese” dovevano qualificarsi come Consumatori, con la conseguenza nei loro confronti valevano gli stessi principi previsti dal Codice del Consumo in tema di inderogabilità del Foro del consumatore.
Dette motivazioni, tuttavia, non sono state ritenute meritevoli di accoglimento dalla Corte d’Appello di Bologna, che con sentenza del 17 ottobre 2023 (pubblicata il 10 novembre 2023) ha chiarito che: “parte appellante non coglie nel segno nel sostenere che la [omissis], avente le caratteristiche della “microimpresa” per dimensioni e fatturato, possa invocare a suo favore l’incompetenza territoriale del Tribunale di Bologna in forza della tutela prevista del Codice del Consumo, estensibile a tale categoria di soggetti. Alla categoria delle c.d. microimprese, difatti, la legge non prevede l’applicabilità di ogni norma del Codice del Consumo, che è e rimane il testo deputato a regolamentare il rapporto tra impresa e consumatori, identificabili questi ultimi nelle sole persone fisiche. Le società, infatti (ancorché di persone) costituiscono pur sempre ed indipendentemente dalle loro dimensioni o fatturato, delle imprese a carattere commerciale e quindi non sono identificabili tra i destinatari di tutte le disposizioni del Codice del Consumo, ma solo di quelle che la legge vuole che siano estese loro.
Pertanto, prosegue il Collegio, “alle microimprese sono applicabili le sole disposizioni della Parte II, Titolo III del Codice del Consumo “Pratiche commerciali, pubblicità e altre comunicazioni commerciali“ poichè all’art. 19 (“Ambito di applicazione”) si stabilisce che “1. Il presente titolo si applica alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori poste in essere prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa a un prodotto, nonché alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e microimprese. Per le microimprese la tutela in materia di pubblicità ingannevole e di pubblicità comparativa è assicurata in via esclusiva dal decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 145”. Poichè però le disposizioni che concernono la determinazione del c.d. Foro del Consumatore, sono contenute nella parte III Titolo I di detto Codice (art. 33 co. 2, lettera u), tali disposizioni non possono ritenersi applicabili alla fattispecie in cui una delle parti sia un’impresa commerciale ancorché rientrante nella definizione di microimprese. La L. n. 27/2012 non ha equiparato pienamente le microimprese alle persone fisiche, ma ha esclusivamente esteso alla microimprese la tutela avverso le pratiche commerciali scorrette e non contiene una norma espressa di estensione del Foro speciale e inderogabile del consumatore in favore di una categoria di soggetti ad esso”.
Da qui il rigetto del gravame proposto dalla società utilizzatrice del bene concesso in leasing, nonché la conferma della sentenza di primo grado.