Cass., 21 maggio 2013, sez. II, n. 12462Il caso. La pronuncia in commento ha origine dall’azione avviata in ordine al mancato adempimento, con contestuale richiesta di risarcimento del danno, da parte del promittente acquirente, di un preliminare avente ad oggetto due immobili facenti parti di un complesso residenziale. Il promittente venditore, costituendosi in giudizio, eccepiva la circostanza che tale preliminare, da un lato, era un negozio simulato, e che, dall’altro, lo stesso faceva parte di un complesso accordo tra le parti, nel quale era compreso anche il trasferimento di alcune quote societarie, che non era stato attuato sotto il profilo del pagamento del prezzo.
Con la sentenza n. 12462 del 21 maggio 2013, la Corte di Cassazione affronta la questione relativa alla esatta configurazione del patto commissorio, fornendo contestualmente alcune interessanti considerazioni in tema di negozio simulato e sui limiti previsti dal codice civile per la prova della simulazione, a seconda che si tratti di rapporti verso terzi o dei rapporti interni tra le parti.
Il divieto del patto commissorio sancito dall’art. 2744 c.c., con la conseguente sanzione di nullità radicale, si estende a qualsiasi negozio, ancorchè di per sé astrattamente lecito, qualora venga impiegato per conseguire il fine concreto, riprovato dall’ordinamento, della illecita coercizione del debitore, costringendolo al trasferimento di un bene a scopo di garanzia nella ipotesi di mancato adempimento di una obbligazione assunta.
Il patto commissorio, quindi, può essere ravvisato anche di fronte a più negozi tra loro collegati, quando da essi scaturisca un assetto di interessi complessivo tale da far ritenere che il procedimento negoziale attraverso il quale deve compiersi il trasferimento di un bene del debitore sia collegato, piuttosto che alla funzione di scambio, ad uno scopo di garanzia, a prescindere dalla natura meramente obbligatoria o traslativa o reale del contratto.
“in linea di principio, anche un contratto preliminare di compravendita può incorrere nella sanzione dell’art. 2744 c.c., ove risulti l’intento primario delle parti di costituire con il bene promesso in vendita una garanzia reale in funzione dell’adempimento delle obbligazioni contratte dal promittente venditore con altro negozio collegato, sì da stabilire un collegamento negoziale e strumentale tra i due negozi.
È evidente, peraltro, che, allorché lo strumento negoziale adoperato dalle parti in funzione di garanzia sia rappresentato da un contratto preliminare, in tanto può configurarsi un illecito patto commissorio, in quanto i contraenti abbiano predisposto un meccanismo (quale la previsione di una condizione) diretto a far sì che l’effetto definitivo e irrevocabile del trasferimento si realizzi solo a seguito dell’inadempimento del debitore-promittente venditore, rimanendo, in caso contrario, il bene nella titolarità di quest’ultimo.
In tal caso, infatti, il contratto preliminare viene impiegato per conseguire l’illecita coartazione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, per cui non sussiste la causa di scambio, tipica di ogni contratto di compravendita, ma il preliminare costituisce il mezzo per raggiungere il risultato vietato dalla legge (v. Cass. 10-2-1997 n. 1233; Cass. 4-3-1996 n. 1657).”
La pronuncia in esame affronta anche la problematica relativa ai limiti della simulazione, avendo il ricorrente per cassazione lamentato che il contratto preliminare alla base della domanda promossa dall’attore in primo grado doveva ritenersi simulato sulla base di una contro scrittura siglata tra le parti.
Come è noto, la prova della simulazione si atteggia in modo diverso a seconda che si tratti di rapporti verso terzi o dei rapporti interni tra le parti: invero, se la domanda di simulazione è proposta da creditori o da terzi che, estranei al rapporto, non sono in grado di procurarsi la prova scritta, la prova per testi e per presunzioni della simulazione non può subire alcun limite; per contro, se la domanda è proposta da una delle parti o dagli eredi, la dimostrazione della simulazione incontra gli stessi limiti della prova testimoniale, per cui se il contratto simulato è stato redatto per iscritto, la prova per testi e per presunzioni non può esser ammessa contro il contenuto del documento, perché le parti hanno la possibilità e l’onere di munirsi delle controdichiarazioni, salve le eccezioni a tale regola espressamente previste dalla legge, e salvo che la prova sia diretta a far valere l’illiceità del contratto dissimulato (Cass. 4-5-2007 n. 10240; Cass. 23-1-1997 n. 697; Cass. 12-2-1986 n. 850).(Simone Corradin – s.corradin@lascalaw.com)