Il negozio giuridico della fideiussione continua a far interrogare la giurisprudenza su una molteplice serie di aspetti: in particolare, con la recentissima ordinanza n. 2683 del 4 febbraio 2025, la Corte di Cassazione è tornata ad affermare che la clausola di decadenza del creditore dall’obbligazione fideiussoria prevista dall’art. 1957 c.c. può formare oggetto di rinuncia preventiva da parte del fideiussore.
Nel caso sottoposto al vaglio dei giudici di legittimità, i fideiussori – instaurando un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo – eccepivano, non solo la decadenza dell’istituto di credito dal termine semestrale previsto dall’art. 1957 c.c. per la proposizione delle proprie istanze, ma anche che la clausola derogatoria a tale norma fosse nulla, per mancanza della doppia sottoscrizione prevista dalla disciplina dell’art. 1341, comma 2 c.c.
Tale doglianza veniva respinta dalla Corte territoriale, la quale specificava che “la decadenza del creditore dall’obbligazione fideiussoria ai sensi dell’articolo 1957 c.c. per effetto della mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale può formare oggetto di rinuncia preventiva da parte del fideiussore, trattandosi di pattuizione affidata alla disponibilità delle parti che non urta contro alcun principio di ordine pubblico, comportando soltanto l’assunzione da parte del fideiussore, del maggior rischio inerente al mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore”.
E infatti, proseguiva la Corte d’Appello di Catanzaro, “la clausola relativa a detta rinuncia non rientra, peraltro, tra quelle particolarmente onerose per le quali l’art. 1341, comma 2, c.c. esige, nel caso che siano predisposte da uno dei contraenti, la specifica approvazione per iscritto dell’altro contraente”.
Non soddisfatti dell’iter logico argomentativo seguito dai Giudici di secondo grado, i fideiussori proponevano gravame avverso la predetta sentenza, adendo la Suprema Corte di Cassazione, la quale nulla ha potuto fare se non ribadire il costante orientamento giurisprudenziale, ossia che “la doglianza sulla non corretta sottoscrizione della clausola derogatoria non si confronta con la ratio decidendi della sentenza che è fondata sulla non vessatorietà della clausola e, quindi, sulla non necessità di approvazione specifica. La statuizione recepisce il consolidato orientamento che ha più volte statuito che la clausola in esame non è considerata vessatoria (Cass. n. 2034/1974 e Cass. n. 9245/2007): se il contratto fosse diversamente conformato non può essere del resto qui accertato, a fronte di quanto ritenuto dalla corte di merito, la quale ha opinato che nella fattispecie ricorresse la situazione descritta dalla giurisprudenza dalla essa richiamata”.
Ebbene, la Corte di legittimità non ha potuto che dichiarare inammissibile il ricorso presentato dai fideiussori, sottolineando – altresì – che tale inammissibilità era dovuta anche alla mancata prospettazione delle ricadute che avrebbe comportato l’ipotizzata applicabilità dell’art. 1957 c.c.
Alla luce di quanto sopra evidenziato, la giurisprudenza di legittimità ha confermato – ancora una volta – la non applicabilità della disciplina prevista dall’art. 1341, comma 2 c.c. alla clausola di deroga del termine semestrale previsto dall’art. 1957 c.c..