Massima: “La circostanza che il creditore abbia tenuto un comportamento contrario al dovere di buona fede e correttezza contrattuale, tale da comportare la possibile liberazione del fideiussore dai propri obblighi di garanzia nei riguardi del creditore medesimo, può essere provata con ogni mezzo consentito dall’ordinamento, ivi compreso il ricorso a presunzioni, secondo la regola generale stabilita dagli artt. 2727 e 2729 c.c.” (leggi la sentenza per esteso)
Il fideiussore può provare l’avvenuta violazione del dovere di buona fede e correttezza da parte della banca creditrice della garantita con ogni mezzo previsto dall’ordinamento, senza limitazione alcuna. Di conseguenza, per liberarsi dagli obblighi di garanzia, al garante è concesso ricorrere anche al sistema delle presunzioni di cui agli articoli 2727 e 2729 del codice civile.
Lo ha stabilito la prima sezione civile della Corte di cassazione, con la sentenza n. 16667 del 1° ottobre 2012.
Nel caso di specie, una cooperativa, nonostante vertesse in un grave stato di insolvenza, è riuscita ad ottenere dalla propria banca un estensione dello scoperto di importo superiore a quello originariamente concordato. Detta concessione ha aggravato la posizione dei fideiussori della cooperativa, tra cui uno, in particolare, chiamato a rispondere della apertura a seguito della ricevuta notifica del decreto ingiuntivo concesso dal giudice ordinario all’ente di credito sulla base della inadempienza della cooperativa.
Il fideiussore ha deciso di opporsi all’ordine di pagamento, dolendosi della scorrettezza della condotta tenuta dalla banca nel finanziare la debitrice nonostante quest’ultima fosse in un evidente stato di dissesto finanziario. In tal senso, la difesa del fideiussore ha fondato l’opposizione al decreto ingiuntivo sulla violazione del dovere di buona fede e correttezza cui l’istituto di credito avrebbe dovuto osservare.
L’argomentazione difensiva dell’opponente è stata accolta dal giudice di prime cure, ed è stata successivamente confermata dalla Corte d’appello in sede di gravame.
Per entrambe i giudici, infatti, la scorrettezza della condotta della banca doveva trarsi, oltre che dalla consapevolezza dello stato di insolvenza della debitrice, dalle stesse modalità con cui aveva proceduto all’estensione delle garanzie richieste ai diversi fideiussori, nell’evidente convinzione dell’ormai acquisita insolvenza della cooperativa, unitamente all’ingiustificato e repentino ampliamento dell’entità dell’erogazione di credito a dispetto di una situazione che non lasciava sperare in alcun modo al rientro da parte della debitrice principale.
Alla Corte di legittimità, adita dalla banca al fine di ottenere una riforma della sentenza della Corte territoriale, è stato chiesto di riconsiderare la vicenda, sul presupposto della totale assenza di dimostrazione l’effettiva violazione contestata. In particolare, secondo i difensori della ricorrente, i giudici di merito avrebbero fondato la sentenza di condanna sulla base di meri indici presuntivi, e su null’altro, con ciò implicitamente rimarcando il principio per cui quando si tratti per il fideiussore di dare la prova di un comportamento del debitore principale contrario al principio di buona fede, il giudice dovrebbe escludere la possibilità che tale prova sia fornita mediante mere presunzioni.
L’interpretazione richiamata non è stata condivisa dalla Suprema Corte, diversamente orientata sul punto. Per i giudici romani, infatti, la dimostrazione del comportamento poco ortodosso tenuto dalla banca non soffre di particolari limitazioni legali, nè sotto il profilo degli strumenti mediante i quali la parte interessata può assolvere il proprio onere probatorio, né per quanto concerne le risultanze sulle quali il giudice è in grado di radicare il proprio e personale convincimento.
Date queste premesse, la Corte ha ribadito il diverso principio in virtù del quale la circostanza che il creditore abbia tenuto un comportamento contrario al dovere di buona fede e correttezza contrattuale può essere provata con ogni mezzo consentito.
Di talchè, si è concluso, il fideiussore, al fine di liberarsi dai propri obblighi di garanzia nei riguardi del creditore, ben può fare ricorso alle presunzioni, avvalendosi della regola generale stabilita dagli articoli 2727 e 2729 del codice civile.
(Simone Corradin – s.corradin@lascalaw.com)