La coda dei cantieri che è iniziata in pieno Covid, a partire dall’introduzione del Superbonus 110%, e che sembrava protrarsi a tempo indeterminato, sembra oggi sul punto di chiudersi.
A rivelarlo è stato l’ultimo rapporto di ENEA, aggiornato allo scorso 31 luglio 2024, in cui si evidenzia che il totale degli investimenti per lavori già conclusi ammonta al 95,8%.
L’idea che era alla base del Superbonus, come noto, era di dare un forte impulso al settore dell’edilizia di fronte a un generale rallentamento dell’economia per colpa della pandemia, e contemporaneamente migliorare l’efficienza energetica degli edifici.
Al momento dell’introduzione del Superbonus, però, si sottovalutò totalmente l’impatto economico sulle casse pubbliche: mentre nel 2020 si stimava una spesa complessiva di 36 miliardi, al 30 giugno 2024 l’onere per lo stato ha sfiorato invece i 123 miliardi.
Più nel dettaglio, ENEA rileva che al 31 luglio 2024 il totale degli investimenti (comprese le somme non ammesse a detrazione) è arrivato a poco più di 119 miliardi, il totale degli investimenti ammessi a detrazione a circa 117 miliardi e il totale degli investimenti per lavori conclusi ammessi a detrazione a circa 112 miliardi.
E se a questi si sommano anche gli altri bonus edilizi oggetto di cessione e sconto in fattura, il conto per la collettività arriva a 220 miliardi (secondo dati diffusi dal Governo in risposta a una interrogazione alla Camera, considerando un periodo che va dal 15 ottobre 2020 al 4 aprile 2024).
Si tratta di una quantità di denaro enorme, e la stessa Banca d’Italia più volte ha sottolineato come lo stato non riuscirà mai a recuperare tutta questa ricchezza, in quanto il rapporto tra il pil generato dal bonus e il suo costo non è paritario.
A fronte di questo stillicidio, negli ultimi anni si è cercato di ridurre sempre di più le possibilità di accesso al Superbonus, diminuendone contemporaneamente l’ammontare: infatti, se ammontava al 110% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2023, è stato portato al 70% per le spese sostenute nel 2024 e verrà ridotto ulteriormente, al 65%, per quelle del 2025.
Tali interventi restrittivi hanno praticamente finito per affossare la misura, e difatti con la diminuzione degli importi le richieste di accesso al bonus sono praticamente crollate.
L’avere reso più difficile e meno conveniente l’accesso al bonus ha sì messo un argine alla spesa pubblica, ma ha anche messo in difficoltà quei privati e quelle imprese che hanno visto ridursi la possibilità di usufruire degli incentivi fiscali nel bel mezzo dei lavori.
In qualunque modo si decida di vedere il Superbonus (se misura fondamentale alla ripresa dell’economia e abortita senza pensare all’impatto su chi ancora stava eseguendo i lavori, oppure misura rovinosa e finalmente contenuta), questo istituto rimarrà nella mente delle persone per tanto tempo, se non altro per la vasta platea di soggetti coinvolti: stando sempre al report di ENEA, la misura ha coinvolto circa 500.000 edifici, pari a oltre il 10% del patrimonio immobiliare italiano.
E degli investimenti complessivi, circa il 70% ha riguardato condomini, mentre per le villette unifamiliari, le unità immobiliari indipendenti e i castelli le percentuali sono notevolmente inferiori.
Ma mentre il Superbonus si sta esaurendo, a causa dell’ondata di truffe denunciate in questi anni (con imprese edili nate dall’oggi al domani, costi gonfiati e fatture per lavori mai eseguiti) i suoi strascichi sembrano appena agli inizi.