Spetta alla giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo la cognizione della controversia avente ad oggetto la legittimità (o meno) delle deliberazioni del Consiglio comunale di messa in liquidazione di una società partecipata, adottate nell’ambito degli adempimenti di cui all’art. 20, d.lgs. n. 175 del 2016 (“Razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche”). Tali atti sono espressione del potere autoritativo delle amministrazioni pubbliche, teso a razionalizzare e ridurre la spesa pubblica (art. 1, d.lgs. n. 175/2016); essi involgono posizioni di interesse legittimo finalizzato al corretto esercizio del potere e la società interessata fa per l’appunto valere un interesse legittimo come aspirazione al conseguimento o al mantenimento di un bene o di una utilità in conseguenza dell’azione amministrativa (in tal caso al mantenimento in vita della società stessa) a fronte dell’esercizio del detto potere autoritativo.
La scelta del Comune di procedere alla messa in liquidazione di una società partecipata ex art. 20 d.lgs. n. 175/2016 deve essere esternata con motivazione da inserire nella relazione tecnica per dare conto delle ragioni dell’ipotesi ritenuta sussistente e del modello scelto per procedere.
1. Il Caso – Con deliberazione del Consiglio Comunale del dicembre 2021, il Comune di Messina, nell’ambito della revisione periodica delle partecipazioni pubbliche ex art. 20 d. lgs. n. 175/2016, disponeva la messa in liquidazione della Patrimonio Messina S.p.a., alla quale si procedeva poi con delibera del successivo mese di febbraio. La società era stata costituita nel 2019.
La società impugnava le due delibere, chiedendone l’annullamento, previa sospensione degli effetti, per violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 175/2016 ed eccesso di potere in diverse figure sintomatiche.
La società in particolare riteneva che il Consiglio Comunale avrebbe ritenuto erroneamente esistenti i presupposti di legge, in particolare in relazione al numero di dipendenti, giacché essa sin dalla sua costituzione avrebbe svolto la propria attività fruendo di personale distaccato e comandato da altre società partecipate del Comune di Messina e dal Comune stesso, con retribuzioni a proprio carico.
Il TAR catanese accoglie il ricorso e nella motivazione si rinvengono due spunti di interesse.
2. La Motivazione – Sotto un primo profilo, il TAR rigetta l’eccezione di carenza di giurisdizione sollevata, atteso che spetta alla giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo la cognizione della controversia avente ad oggetto la legittimità della deliberazione in oggetto, di messa in liquidazione di società partecipata, adottata nel quadro degli adempimenti di cui all’art. 20 d. lgs. 175/2016. Gli atti in questione sono infatti espressione di potere autoritativo e non rientrano nell’attività paritetica; essi cioè involgono posizioni di interesse legittimo finalizzato al corretto esercizio del potere da parte dell’ente rispetto al quale la società target fa per l’appunto valere un interesse legittimo come aspirazione al conseguimento o al mantenimento di un bene o di una utilità in conseguenza dell’azione amministrativa (in tal caso al mantenimento in vita della società) a fronte dell’esercizio del detto potere autoritativo.
La conclusione è confermata anche dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, secondo cui, in tema di riparto della giurisdizione, sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto l’attività unilaterale e prodromica, di natura pubblicistica, con la quale un ente pubblico delibera di incidere sulle vicende societarie (di costituzione, modificazione ed estinzione della società), mentre sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto gli atti societari che si pongono a valle della scelta di fondo di utilizzo del modello societario; tali controversie restano interamente soggette alle regole del diritto commerciale proprie del modello recepito e dunque alla giurisdizione del giudice ordinario. Il tutto tenuto conto che nel caso di specie non è ravvisabile una ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, poiché nessuna norma riconduce all’interno di essa controversie come quelle in tale materia.
Le osservazioni successive del TAR si collegano in maniera non casuale a quanto ora esposto.
Sotto il profilo della scelta operata dall’amministrazione (il ‘merito’ del provvedimento), infatti, il TAR evidenzia la discrasia tra il Piano di ricognizione e di revisione periodica delle partecipazioni societarie, da un lato, il quale, corredato del parere di regolarità tecnica e contabile e di quello del collegio dei revisori era stato allegato alla originaria proposta e istruito dal Dipartimento competente e prevedeva la misura del “mantenimento” della società; dall’altro, invece, non può sottacersi la circostanza che la deliberazione impugnata ha approvato la proposta come emendata da alcuni consiglieri comunali, senza però alcun presupposto istruttorio e quindi motivazionale.
In particolare, precisa il TAR, la scelta del Comune avrebbe dovuto essere esternata con motivazione da inserire nella relazione tecnica per dare conto delle ragioni dell’ipotesi ritenuta sussistente e del modello scelto (messa in liquidazione) per affrontarla, essendo tale passaggio previsto come corredo necessario del piano di razionalizzazione.
Ma ciò non è avvenuto ed anzi la motivazione non è stata esternata né nella relazione tecnica, né nell’emendamento, così che non risultano rinvenibili nel provvedimento le ragioni per le quali si è ritenuto sussistere il parametro di legge.
In sostanza, una volta ricondotta nell’ambito pubblicistico la scelta sulla sorte di società partecipata, il relativo atto soggiace alle regole proprie del provvedimento amministrativo, e ciò, anzitutto, in termini di istruttoria e motivazione e, poi, di autorità giudiziaria chiamata a valutarne la legittimità.
Tar Sicilia – sez. Catania, 4 aprile 2022, n. 964
Pierluigi Giammaria – p.giammaria@lascalaw.com
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