Innovazione digitale e attenzione alla sostenibilità a doppia velocità in Italia. L’84% delle grandi aziende investe, infatti, in modo significativo sia in innovazione digitale che in sostenibilità. Anche se solo un’azienda su tre utilizza l’innovazione digitale in modo intensivo come strumento per raggiungere obiettivi sostenibili e solo una su quattro si fa guidare dalle linee di sviluppo sostenibile per rivedere la politica di adozione digitale. Restano, invece, più indietro le Pmi, considerato che meno di un terzo del totale investe intensamente sia in innovazione digitale che in sostenibilità ed è molto rara una sinergia tra le due dimensioni.
È lo scenario che emerge dalla ricerca dell’osservatorio Digital&Sustainable del Politecnico di Milano, realizzato in collaborazione con Assolombarda, che evidenzia la forte spinta della Commissione europea che negli ultimi anni ha promosso numerose misure legislative e piani strategici nei due ambiti.
«Il rapporto tra sostenibilità e innovazione digitale riveste un ruolo sempre più rilevante», afferma Alessandro Perego, vicerettore per lo sviluppo sostenibile e impatto al Politecnico di Milano e direttore scientifico degli osservatori Digital Innovation. «La trasformazione digitale, se ben governata, può essere un potente acceleratore per il raggiungimento di obiettivi di sostenibilità, ma, se non ben gestita, può rappresentare un rischio al potenziale equilibrio tra crescita economica, benessere sociale e tutela ambientale. Per questo è fondamentale orientare nel modo giusto le scelte verso un futuro digitale e sostenibile: il digitale può essere uno strumento per affrontare le sfide globali di sostenibilità e allo stesso tempo gli obiettivi di sostenibilità devono guidare la progettazione e l’utilizzo responsabile delle tecnologie e delle innovazioni digitali».
Le iniziative dell’Europa. Nell’ultimo decennio, la Commissione europea ha promosso numerose misure in ambito sostenibilità e innovazione digitale. Delle 92 analizzate dall’osservatorio, 54 sono legislative, cioè direttive e regolamenti vincolanti su trend digitali o di sostenibilità, 38 sono piani strategici con obiettivi generali non vincolanti e a lungo termine. Una vera e propria accelerazione si è registrata dal 2020 in poi, con in media 15 iniziative l’anno e un picco di 24 nel 2024.
A livello legislativo le iniziative si concentrano su trasparenza aziendale, transizione digitale, sicurezza tecnologica, gestione dei dati e utilizzo delle risorse. Sul piano non legislativo, invece, l’attenzione è rivolta soprattutto alla sostenibilità, affrontando temi come sviluppo sostenibile, cambiamento climatico, transizione digitale, diritti umani e inclusione sociale. Delle 53 iniziative sulla sostenibilità, solo 7 trattano il digitale come elemento centrale (13%), mentre delle 39 sul digitale, 35 affrontano strategicamente la sostenibilità (90%), trattando però quasi esclusivamente temi sociali e di governance.
«Nelle iniziative della Commissione europea emerge ancora timidamente il ruolo del digitale per le sfide globali legate alla sostenibilità, mentre si evidenzia in modo più approfondito l’indirizzo che la sostenibilità, soprattutto quella sociale e di governance, può avere nel processo di trasformazione digitale», commenta Giorgia Dragoni, direttrice dell’osservatorio.
Grandi aziende più propense agli investimenti. Numeri alla mano, il 91% ha una spesa significativa nel digitale, il 93% nella sostenibilità, con un focus prevalente su obiettivi ambientali e, in misura minore, su aspetti di governance come etica decisionale e gestione del rischio. Si stanno diffondendo misure di sostenibilità adottate anche su base volontaria, perché ritenute strategiche per la reputazione aziendale e l’efficienza operativa. Combinando le due prospettive, l’84% delle grandi aziende italiane investe intensamente sia in innovazione digitale che in sostenibilità, anche se il 17% è focalizzato esclusivamente su una singola area di sostenibilità (ambientale, sociale o di governance). Inoltre, sono ancora poco esplorate le sinergie tra digitale e sostenibilità, visto che solo il 34% utilizza l’innovazione digitale in modo intensivo come strumento per conquistare obiettivi di sostenibilità e solo il 22% si fa guidare dalle linee di sviluppo sostenibile per rivedere la politica di adozione digitale. Dal punto di vista organizzativo, il 98% delle grandi aziende ha un responsabile IT, l’83% un responsabile della sostenibilità che in alcuni casi (33%) può ricoprire anche altre responsabilità. Solo il 10% ha introdotto nell’organizzazione il Digital sustainability officer che coniuga innovazione digitale e sostenibilità.
Investimenti ancora limitati per le Pmi. Solo il 53% che destina risorse significative nel digitale e solo il 42% in sostenibilità. Come spiegano gli esperti, la maggioranza che non investe in sostenibilità lo fa principalmente per i costi e la mancanza di risorse da dedicare. Considerando l’approccio integrato, il comportamento è più eterogeneo rispetto alle grandi realtà, con il 35% delle Pmi che investe poco o nulla in entrambe le dimensioni, il 31% investe intensamente sia in innovazione digitale che in sostenibilità, mentre l’uso sinergico è molto limitato, considerato che solo l’8% utilizza il digitale in modo intensivo per perseguire obiettivi di sostenibilità mentre il 6% utilizza le linee guida sulla sostenibilità per guidare la digitalizzazione.
Dal punto di vista organizzativo, il 67% delle Pmi non dispone di una figura interna dedicata al digitale e il 63% non ha alcun referente per la sostenibilità e non avverte l’esigenza di introdurlo.
«Emerge con evidenza l’urgenza di un processo di sensibilizzazione e formazione sulle opportunità che l’innovazione digitale può generare per il progresso sostenibile delle Pmi», afferma Valentina Pontiggia, direttrice dell’osservatorio. «Tra le imprese, infatti, la dimensione aziendale influisce in modo rilevante non solo sulla possibilità di investimento, ma anche sullo sviluppo di consapevolezza e sensibilità su questi temi. La mancanza di conoscenza sulle opportunità e sui rischi nella relazione tra innovazione digitale e sostenibilità rappresenta una barriera significativa».
Sostenibilità e digitale, binomio vincente. L’osservatorio ha sviluppato un modello che incrocia i temi di sostenibilità con i principali trend di innovazione digitale per descriverne i possibili impatti, positivi o negativi. Nell’ambito della sostenibilità ambientale, l’uso delle tecnologie può contribuire a generare impatti positivi. Per esempio, l’uso combinato di sensori IoT per la raccolta dati e algoritmi di IA abilita l’agricoltura di precisione. Oppure il lavoro da remoto per due giorni a settimana comporta un risparmio di 60 kg di CO2 l’anno per lavoratore. Ma l’impatto delle tecnologie sull’ambiente presenta anche criticità, per esempio gli enormi consumi di energia e acqua per il raffreddamento dei data center. Oppure il digitale aiuta a migliorare le condizioni sociali ma va utilizzato con la giusta attenzione; infatti, per esempio lo smart working incrementa il benessere dei lavoratori ma può anche portare fenomeni di tecnostress e overworking.
Le linee guida per un futuro digitale e sostenibile. Grazie alla collaborazione con Assolombarda, all’interno del rapporto sono presentati gli studi di caso di 27 progetti di digitale e sostenibilità di imprese di diversi settori e dimensioni. L’indagine ha permesso di realizzare alcune linee guida per orientare e ispirare le scelte aziendali verso un futuro digitale e sostenibile.
«Il digitale e la sostenibilità hanno contribuito in questi anni a definire un cambiamento d’epoca, caratterizzata da nuovi modi di operare nel lavoro come nella vita», osserva Stefano Rebattoni, vicepresidente di Assolombarda con delega a transizione digitale e innovazione tecnologica. «In questo contesto la tecnologia ha un ruolo fondamentale per noi tutti e in particolare per le imprese, in quanto abilita la competitività, la crescita e sostiene una cultura orientata alla sostenibilità. Il digitale svolge sempre più una funzione centrale nella creazione di nuovi modelli di sviluppo, determinando cambiamenti che impattano, allo stesso tempo, sulla comunità professionale, sull’ambiente e sulla società».