La sezione terza della Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria in commento, ha chiesto l’intervento delle Sezioni Unite affinché chiariscano “se l’esercizio dell’azione civile risarcitoria nel processo penale, che produce l’effetto sospensivo/interruttivo permanente proprio della proposizione di ogni domanda giudiziale, sia sottoposto non solo alle cause civilistiche di sospensione e di interruzione del termine di prescrizione, ma anche alle cause di interruzione e di sospensione di cui agli artt. 159 e 160 c.p. che si siano verificate prima della costituzione di parte civile”.
La questione rimessa alle S.U. ha origine da una complessa vicenda giudiziaria che è nata come giudizio penale in cui due coniugi venivano rinviati a giudizio per estorsione aggravata e vi era una costituzione di parte civile per poi proseguire in sede civile a seguito del rinvio disposto ai sensi dell’art. 622 c.p.p. dalla Corte d’Appello di Lecce che qualificava il fatto come circonvenzione di persona incapace.
Preliminarmente la Cassazione sancisce che per accertare la tempestività dell’esercizio dell’azione risarcitoria nel giudizio penale deve aversi riguardo non al termine di prescrizione dell’illecito aquiliano, ma al più lungo termine di prescrizione previsto per il reato e ciò anche quando il danneggiato da reato non si sia costituito parte civile, a prescindere dall’insorgenza del processo penale.
Più complessa e non risolta in maniera univoca dalla giurisprudenza è la questione che riguarda l’applicabilità delle cause di interruzione e di sospensione civilistiche o penalistiche all’esercizio dell’azione civile risarcitoria nel processo penale.
Secondo la giurisprudenza penale l’azione civile esercitata nel giudizio penale soggiace inevitabilmente alle regole proprie della prescrizione penale e, di conseguenza, si devono applicare anche le cause di sospensione e interruzione di cui agli artt. 159 e 160 c.p. verificate prima della costituzione di parte civile.
Secondo la giurisprudenza civile, al contrario, la prescrizione del diritto al risarcimento del danno cagionato da reato deve ricondursi all’istituto generale della prescrizione civile con la conseguenza che operano solamente le cause di sospensione e interruzione previste dalla disciplina civilistica.
Tale ultimo orientamento si mostra in continuità con la regola del favor separationis e con il contenimento delle ipotesi di interferenza in quanto il giudizio di rinvio ex art. 622 c.p.p. si pone come un giudizio trasmigrato dalla sede penale a quella civile che rimane del tutto autonomo sia strutturalmente sia funzionalmente da quello penale da cui proviene.
In altri termini, secondo la cassazione civile, “fatti salvi l’applicazione del termine più lungo di prescrizione previsto per il reato e l’effetto interruttivo permanente (per la durata del processo) della costituzione di parte civile, il diritto al risarcimento del danno derivante dal fatto illecito considerato la legge come reato rimane disciplinato per il resto delle ordinarie regole civilistiche a cominciare dagli articoli 2934 e 2935 cod. civ.“.
Secondo la terza sezione della Corte di Cassazione la giurisprudenza non si è espressa in maniera chiara e univoca e nessuno degli orientamenti, pur escludendo una terza via, appare del tutto convincente; per tale ragione, la questione è stata rimessa alle S.U. della Corte di Cassazione affinché intervenga per dirimere il contrasto che mina l’efficacia della tutela risarcitoria civile esercitata in sede penale.