06.05.2025 Icon

Prodotti difettosi e responsabilità del produttore: la Cassazione chiarisce i confini tra Codice del consumo e Codice civile

Con ordinanza n. 8224 del 28.03.2025, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione è tornata a occuparsi della responsabilità del produttore per prodotto difettoso, affrontando anche la questione dell’inquadramento normativo applicabile.

La vicenda trae origine da un’azione risarcitoria promossa da un paziente che, dopo aver assunto un vaccino ritenuto difettoso, aveva sviluppato una grave patologia che, nel corso del giudizio, ne aveva causato il decesso. Gli eredi dell’uomo avevano proseguito il giudizio.

La società produttrice si era difesa contestando il nesso causale tra il vaccino e la malattia, attribuendo le condizioni cliniche del paziente all’esistenza di gravi patologie pregresse.

Il Tribunale, tuttavia, aveva accolto la domanda degli eredi, riconoscendo la responsabilità extracontrattuale del produttore ai sensi degli artt. 114 e ss. del Codice del consumo, e aveva liquidato un ingente risarcimento.

A seguito dell’impugnazione da entrambe le parti, la Corte d’Appello aveva confermato la decisione, sottolineando l’irrilevanza delle patologie pregresse, in quanto mere concause, e ritenendo il vaccino responsabile dell’aggravamento dello stato di salute del paziente.

Inoltre, si evidenziava la mancanza di studi sugli effetti del vaccino su soggetti anziani e affetti da comorbilità, sostenendo che il farmaco non avrebbe dovuto essere immesso in commercio in assenza di dati scientifici certi.

Contro questa decisione, la casa farmaceutica proponeva ricorso in Cassazione.

La Corte, prima di esaminare il caso concreto, ha voluto ribadire la ratio della disciplina prevista dagli artt. 114 e ss. del Codice del consumo che mira a bilanciare la tutela del consumatore con la libertà d’impresa, anche in contesti di incertezza scientifica.

Quest’ultima tratta di una responsabilità di tipo presunto che, pur non richiedendo la prova della colpa, non è equiparabile alla responsabilità oggettiva. L’onere probatorio resta, quindi, a carico del danneggiato, il quale deve dimostrare il danno, il difetto e il nesso causale, anche tramite presunzioni gravi, precise e concordanti (Cass. n. 1225/2021). Il produttore può liberarsi da responsabilità provando, invece, che i dati scientifici disponibili al momento della commercializzazione non permettevano di prevedere il danno.

Diverso è, all’opposto, il regime previsto dall’art. 2050 c.c., che configura una responsabilità quasi oggettiva, fondata sull’esercizio di attività pericolose (Cass. n. 28626/2019). Qui, il danneggiato gode di un alleggerimento probatorio, mentre il danneggiante può esimersi solo dimostrando di aver adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.

Questa responsabilità sussiste anche qualora il danno avrebbe potuto essere evitato con tecniche già ipotizzabili, anche se non note al momento della commercializzazione (Cass. n. 6587/2019). Di conseguenza, l’obbligo di aggiornamento scientifico per chi esercita attività pericolose deve essere continuo.

Chiarito quanto sopra, la Corte ha infine precisato che i due regimi – quello previsto dal Codice del consumo e quello di cui agli artt. 2043 e 2050 c.c. – possono coesistere, ma non essere applicati in modo ibrido.

Spetta, pertanto, al Giudice individuare il regime applicabile sulla base delle prove e applicarlo coerentemente, senza sovrapporre principi appartenenti a discipline differenti.

Autore Stefania Temperino

Associate

Milano

s.temperino@lascalaw.com

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