Con l’ordinanza n. 21261 del 30 luglio 2024, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti sui criteri da seguire per la corretta liquidazione del danno differenziale in presenza di patologie preesistenti.
Il caso riguardava un paziente che, a seguito di un infarto, era caduto battendo la testa e successivamente era stato sottoposto a terapia anticoagulante e antiaggregante in ospedale. Il paziente aveva poi citato in giudizio l’azienda ospedaliera, lamentando un danno biologico differenziale dovuto alla errata somministrazione di antiaggregante piastrinico, senza previa verifica della presenza di un trauma cranico.
La Corte d’Appello aveva accolto la domanda del paziente, condannando l’ospedale a risarcire un danno calcolato come differenza tra l’invalidità permanente complessiva (50%) e quella che sarebbe comunque residuata dall’infarto (30%).
La Cassazione, pur confermando la responsabilità dell’ospedale, ha cassato la sentenza d’appello per quanto riguarda la liquidazione del danno, enunciando i seguenti principi di diritto:
1. La liquidazione del danno biologico differenziale deve basarsi sui criteri della causalità giuridica, sottraendo dalla percentuale complessiva del danno quella non imputabile all’errore medico.
2. In caso di coesistenza di menomazioni non imputabili ed imputabili all’errore medico, il danno differenziale va riconosciuto solo se, con giudizio controfattuale ex post, si accerti che le due tipologie di postumi siano in rapporto di concorrenza e non di semplice coesistenza.
3. È necessario verificare se la presenza della patologia preesistente incida negativamente, aggravando la situazione del soggetto leso, sui postumi derivanti dall’errore medico.
La Corte ha quindi rinviato la causa alla Corte d’Appello affinché rivaluti la liquidazione del danno alla luce di questi principi, effettuando il necessario giudizio controfattuale per stabilire se i postumi dell’infarto e quelli dell’ischemia cerebrale fossero effettivamente concorrenti o meramente coesistenti.
Questa sentenza rappresenta un importante punto di riferimento per la corretta liquidazione del danno differenziale, sottolineando la necessità di un’attenta valutazione medico-legale delle interazioni tra patologie preesistenti e danni causati dall’illecito. La Cassazione ribadisce l’importanza di un approccio analitico e personalizzato nella quantificazione del danno, evitando automatismi e garantendo che il risarcimento sia effettivamente commisurato alle conseguenze dell’errore medico.
In conclusione, questa pronuncia offre ai giudici di merito e agli operatori del diritto criteri più precisi per affrontare casi complessi di responsabilità medica, bilanciando l’esigenza di un giusto ristoro per il paziente con quella di non addossare al medico o alla struttura sanitaria conseguenze non causalmente riconducibili al loro operato.