31.05.2024 Icon

Amministrazione di sostegno e condotta non collaborativa del beneficiario

Ai fini della nomina dell’amministratore di sostegno, l’eventuale condotta non collaborativa del soggetto beneficiario costituisce un indizio della menomazione della salute, fisica o psichica, in mancanza di accertamenti clinici certi ed univoci?

A tale quesito ha risposto la Corte di Cassazione con la recente pronuncia n. 14689 del 27 maggio 2024.

Nel caso di specie veniva chiesto al Tribunale la nomina di un amministratore di sostegno in favore di una persona affetta da un grave stato di alterazione psicofisica, caratterizzato da osmofobia, deliri persecutori e prodigalità, situazione che ne riduceva notevolmente la capacità di gestire autonomamente il patrimonio, che si opponeva all’apertura del procedimento. Il Giudice Tutelare accoglieva il ricorso e nominava l’amministratore di sostegno

Il Giudice Tutelare decideva di nominare l’amministratore di sostegno perché, tra le altre cose, la beneficiaria aveva tenuto una condotta non collaborativa e si era rifiutata di farsi visitare dal consulente nominato. Tale comportamento veniva considerato alla stregua di un indizio della situazione di menomazione in cui versava la signora.

La beneficiaria proponeva reclamo avverso il decreto, chiedendone la revoca. Il reclamo veniva rigettato dalla Corte d’Appello che confermava che il rifiuto di farsi visitare era sintomo dell’incapacità di percepire l’importanza degli atti istruttori ai quali la stessa reclamante era stata chiamata doverosamente a collaborare nel suo esclusivo interesse.

La beneficiaria ricorreva pertanto per Cassazione lamentando che la Corte d’appello avrebbe mal valutato i vari elementi e documenti acquisiti, distorcendone il contenuto, dal quale invece non sarebbe stato possibile desumere indici rivelatori dell’incapacità di gestire i propri interessi.

La Corte di Cassazione ha precisato che se la mancata collaborazione alla visita del c.t.u. costituisce sicuramente condotta valutabile dal Giudice, nel caso concreto l’atteggiamento non collaborativo della ricorrente e il suo rifiuto aprioristico di sottoporsi alle visite prescritte non può costituire un indice significativo di una condizione di salute tale da rendere necessaria la nomina contestata.

La Corte ha osservato come, ai fini della decisione, il Giudice del reclamo ha valorizzato alcune forme di disagio prive, di per sé, di una sufficiente valenza in ordine ai presupposti dell’amministratore di sostegno.

La Corte d’appello non ha infatti chiaramente statuito riguardo al fatto che la ricorrente fosse persona priva, in tutto o in parte, di autonomia per una qualsiasi “infermità” o “menomazione fisica”, tale che la ponga nell’impossibilità di provvedere ai propri interessi, avendo in realtà fatto riferimento a patologie di origine psichica, a un non chiaro trattamento (somministrato da privati sin dall’età di 20 anni) e relativo a un quadro clinico di disturbo istrionico di personalità, senza in nessun modo chiarire se le patologie menzionate avessero determinato una tale menomazione, fisica o psichica, tal da rendere necessario disporre – in contrasto con la volontà della persona – la misura in questione, e tale da giustificare l’ampiezza di poteri conferiti all’amministratore, comprensivi della possibilità di riscuotere la pensione della medesima beneficiaria della misura.

La Corte ha aggiunto poi che la condotta non collaborativa della ricorrente non può lasciar presumere una menomazione o difficoltà di vita significativa tale da porla nell’impossibilità di provvedere ai propri interessi. Né tale condotta oppositiva esclude che la ricorrente sia in realtà una persona lucida, per quanto conducente una forma di vita apparentemente inconsueta, non potendosi escludere che tali anomalie siano da considerare la manifestazione di asprezze o forme caratteriali, seppure esacerbate dall’età della ricorrente.

La Corte, accogliendo il ricorso della beneficiaria, ha affermato dunque il principio di diritto per cui “Ai fini della nomina dell’amministratore di sostegno, la condotta non collaborativa del soggetto beneficiario della misura non può, di per sé, costituire un indizio significativo della menomazione della salute, fisica o psichica, in mancanza di accertamenti clinici certi ed univoci. L’ambito dei poteri da conferire all’amministratore di sostegno deve rispondere alle specifiche finalità di tutela del soggetto amministrato e non può prescindere da risultanze espressive di un chiaro e significativo stato di menomazione o difficoltà della persona che s’ipotizza bisognevole di tutela.”

Autore Ilaria Franciosa

Associate

Milano

i.franciosa@lascalaw.com

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