07.10.2025 Icon

Scioglimento dell’unione civile e assegno divorzile: la Cassazione apre al riconoscimento anche per le coppie omosessuali

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 25495 del 17 settembre 2025, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande rilievo: il riconoscimento dell’assegno divorzile in caso di scioglimento di un’unione civile.

La vicenda: scioglimento dell’unione e richiesta di assegno

La vicenda trae origine dallo scioglimento di un’unione civile tra due donne, formalizzata nel 2016 ma preceduta da una convivenza iniziata nel 2013. Dopo la cessazione del legame, una delle parti aveva chiesto il riconoscimento di un assegno economico, sostenendo di avere subito sacrifici lavorativi e patrimoniali a favore della vita comune.

Il Tribunale di Pordenone aveva accolto la domanda, disponendo un assegno di 550 euro mensili. La Corte d’Appello di Trieste, invece, lo aveva negato.

La parte perdente ricorreva per Cassazione che, a Sezione Unite con sentenza n. 35969/2023, stabiliva un principio fondamentale: ai fini della durata del rapporto, occorre considerare non solo l’unione civile formalizzata, ma anche il periodo di convivenza che l’ha preceduta.

Nel nuovo giudizio, la Corte d’Appello aveva nuovamente riconosciuto l’assegno, valorizzando la disparità economica e la perdita di chance lavorative.

Tuttavia, la Cassazione – con la decisione del 2025 – ha censurato la sentenza d’appello, ritenendo non sufficientemente accertati i presupposti per il riconoscimento dell’assegno.

Funzione dell’assegno: non solo assistenza, ma compensazione

Secondo la Suprema Corte, nell’unione civile – così come nel matrimonio – l’assegno divorzile può essere riconosciuto solo se ricorrono determinati requisiti:

  • Funzione assistenziale: l’assegno spetta quando il richiedente non dispone di mezzi adeguati per condurre una vita autonoma e dignitosa e non può procurarseli nonostante un diligente sforzo. Non è sufficiente la semplice disparità economica tra gli ex partner.
  • Funzione compensativo-perequativa: l’assegno è giustificato se lo squilibrio economico dipende dalle scelte condivise nella vita comune e dal sacrificio di opportunità professionali o reddituali di una parte, a vantaggio della formazione del patrimonio familiare o della carriera dell’altro partner.

La Cassazione ha chiarito che la sola perdita di una chance lavorativa non basta; occorre verificare che essa sia stata frutto di una scelta legata alla convivenza e finalizzata al benessere della coppia.

La decisione ribadisce che negare rilevanza alla convivenza pregressa, specie se iniziata prima dell’entrata in vigore della legge sulle unioni civili (L. n. 76/2016), sarebbe contrario all’art. 8 CEDU e costituirebbe una discriminazione nei confronti delle coppie omosessuali. La convivenza di fatto, infatti, rappresenta una “formazione sociale” tutelata dalla Costituzione.

Solidarietà e autoresponsabilità: i valori guida

Questa pronuncia ha una duplice valenza. Da un lato, conferma l’applicabilità ai partner uniti civilmente dei principi elaborati in tema di assegno divorzile per i coniugi, rafforzando l’equiparazione tra i due istituti sotto il profilo solidaristico. Dall’altro, ribadisce l’importanza del principio di autoresponsabilità, che impedisce di riconoscere automaticamente un assegno solo per la differenza di reddito.

Il criterio guida rimane quello della solidarietà post-coniugale (o post-unione), temperato però dalla necessità di verificare concretamente i sacrifici compiuti e il contributo dato alla vita comune.

In questo modo, la Cassazione tutela le coppie omosessuali da possibili discriminazioni, senza però creare automatismi che potrebbero snaturare la funzione dell’assegno divorzile, che non è un “risarcimento” ma uno strumento di giustizia redistributiva fondato su valori costituzionali di solidarietà.

Autore Ilaria Franciosa

Associate

Milano

i.franciosa@lascalaw.com

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