Una storia di compravendita immobiliare che ci insegna come il tempo sia davvero denaro.
Immaginate di voler comprare casa e di aver versato la caparra tramite assegno all’agenzia immobiliare.
Tutto sembra procedere per il meglio, ma poi, inaspettatamente, il venditore inizia a temporeggiare.
Un mese, due mesi, alla fine passano addirittura nove mesi e del rogito neanche l’ombra! È proprio quello che è successo nel caso esaminato dal Tribunale di Gorizia.
Il nostro acquirente, fiducioso, aveva consegnato l’assegno della caparra all’agenzia immobiliare che faceva da intermediaria.
Qui si presenta il primo punto interessante: anche se l’assegno non è stato materialmente consegnato o incassato dal venditore, il Tribunale ha stabilito che la caparra era validamente costituita.
In pratica, è come aver consegnato i soldi direttamente al venditore, perché l’agenzia era autorizzata a riceverli.
La vera questione è un’altra: quanto tempo può passare prima che un ritardo diventi un inadempimento grave?
Secondo il Tribunale, nove mesi sono decisamente troppi, soprattutto considerando che l’acquirente aveva già ottenuto un mutuo che rischiava di scadere.
Il venditore ha cercato di difendersi sostenendo che c’era stato un accordo per sciogliere il contratto (“mutuo dissenso“), ma il Tribunale non concorda con tale prospettazione.
La comunicazione dell’acquirente era chiara: voleva recedere dal contratto e ottenere il doppio della caparra, come prevede la legge quando la controparte non mantiene i suoi impegni.
C’è anche un aspetto tecnico interessante legato al sistema tavolare (un sistema particolare di registrazione immobiliare): la semplice prenotazione non equivale al trasferimento della proprietà, che avviene solo con l’intavolazione. Ma questo dettaglio non ha salvato il venditore dalla condanna.
Morale della favola? Il tempo è davvero denaro, soprattutto nelle compravendite immobiliari e se pensate di poter prendere alla leggera i termini per il rogito, potreste ritrovarvi a dover pagare il doppio della caparra.
Una lezione che al nostro venditore è costata cara.
La sentenza del Tribunale di Gorizia ci ricorda che la giustizia sa essere pratica e concreta: quando c’è un ritardo significativo che causa problemi reali (come il rischio di perdere un mutuo), non ci sono scuse che tengano e l’acquirente ha tutto il diritto di dire “basta” e ottenere quanto gli spetta, con gli interessi.