19.03.2024 Icon

Il dilemma della condizione potestativa mista nei contratti preliminari

Accade spesso che nei contratti preliminari di compravendita le parti appongano la condizione sospensiva dell’intervenuto rilascio di un titolo amministrativo. 

Come qualificare il mancato concretizzarsi di una condizione in cui entrambi i contraenti sono interessati all’avveramento, ma il comportamento che occorre realizzare per far avverare la condizione non costituisce obbligo giuridico di una delle parti?

Nel caso oggi esaminato la società Alfa, promittente venditrice, concludeva un contratto preliminare di vendita con la società Beta, promissaria acquirente, sottoponendolo alla condizione sospensiva del mutamento di destinazione urbanistica dell’area nel quale era sito l’immobile oggetto del contratto. A tal fine le parti sottoscrivevano un contratto di mandato, connesso alla promessa di vendita, nel quale la promittente venditrice conferiva alla promissaria acquirente l’incarico di realizzare l’attività necessaria per il concretizzarsi della condizione. 

Stante il mancato mutamento della destinazione urbanistica dell’area, la società Alfa agiva per ottenere l’accertamento del trasferimento del bene ex art. 2932 c.c. e la legittimità del recesso esercitato ex art. 1385 c.c.

Il Tribunale rigettava la domanda e, dunque, la legittimità del recesso. La Corte d’appello riformava la sentenza accogliendo il ricorso, rilevando come il mancato avveramento della condizione costituiva un inadempimento della promissaria acquirente. Le parti, infatti, contestualmente alla firma del preliminare, avevano sottoscritto una scrittura privata, nella quale, al fine dell’avveramento della condizione, la società Alfa aveva conferito mandato all’altra affinché portasse a termine l’attività necessaria presso l’ufficio comunale preposto. Essendo dunque pacifico il mancato mutamento di destinazione urbanistica, l’effettiva controinteressata all’avveramento della condizione era Beta.

Pertanto, si sarebbe dovuta reputare la condizione sospensiva fittiziamente avverata ex art. 1359 c.c., il contratto di vendita pienamente efficace con effetti retroattivi ex art. 1360 c.c., e, conseguentemente, il recesso della promittente venditrice legittimo.

Contro la già menzionata sentenza la promissaria acquirente ricorreva per Cassazione, e la Corte, con ordinanza del 6 marzo 2024, n. 5976, accoglieva il ricorso.

Nel soffermarsi sulle condizioni necessarie per l’avveramento fittizio della condizione ex art. 1359 c.c. – subordinato all’accertamento di un controinteressato al verificarsi della condizione e alla prova del dolo o della colpa della parte che ha ostacolato l’avverarsi del fatto condizionante – i giudici di legittimità hanno ritenuto che la Corte d’appello abbia erroneamente affermato la sussistenza di entrambe le condizioni: da un lato, infatti, non c’è una parte contraria all’avveramento della condizione poiché in realtà entrambi i contraenti avevano interesse al verificarsi di quest’ultima per addivenire alla conclusione del negozio principale ovvero il contratto di vendita e, dall’altro, il comportamento omissivo del promissario acquirente non avrebbe ostacolato l’avverarsi del fatto condizionante.

È stato dunque affermato il principio di diritto secondo cui “nel preliminare di compravendita immobiliare, i cui effetti sono subordinati alla condizione di ottenere un provvedimento amministrativo, la condizione è potestativa mista perché dipende sia dalla volontà di terzi che da quella di una delle parti. Non si può ritenere la condizione fittiziamente avverata ex art. 1359 c.c. se entrambi i contraenti sono interessati all’avveramento, e quindi nessuno ha interesse contrario allo stesso, e il comportamento che occorre realizzare per far avverare la condizione non costituisce obbligo giuridico di una delle parti“.

Autore Pasquale Parisi

Associate

Milano

p.parisi@lascalaw.com

Desideri approfondire il tema Contratti ?

Contattaci subito