
La Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi in conseguenza dell’impugnazione della sentenza della Corte d’Appello di Venezia riguardante la contitolarità brevettuale di un’invenzione. Il tema centrale della decisione verteva sull’interpretazione dell’art. 6, comma 1, del Codice della Proprietà Industriale, articolo che disciplina le norme circa i diritti dei contitolari di un brevetto.
La vicenda ha origine da una controversia tra i contitolari di un brevetto, che ha portato la Suprema Corte a pronunciarsi sull’applicabilità delle norme sulla comunione ai diritti di privativa industriale. La Corte ha stabilito che, in assenza di un accordo tra i contitolari, un singolo comproprietario non può sfruttare produttivamente il brevetto senza il consenso degli altri. Questo principio si fonda sull’art. 1102, comma 1, cod. civ., che vieta a un comproprietario di alterare la destinazione del bene comune o compromettere i diritti degli altri contitolari. L’obiettivo è assicurare che la privativa industriale conservi la sua funzione essenziale di diritto di esclusiva, evitando che un singolo contitolare possa unilateralmente alterare l’equilibrio della comunione a danno degli altri.
Nel motivare l’ordinanza, la Suprema Corte ha richiamato l’evoluzione giurisprudenziale in materia di contitolarità brevettuale. In particolare, la Cass. n. 265/1981 ha stabilito che il contratto di licenza d’uso di un’invenzione brevettata richiede il consenso unanime di tutti i contitolari, sia nel caso di convenzioni ultranovennali sia nel caso in cui la licenza conceda l’esclusiva. Ciò è giustificato dal fatto che l’esclusiva priverebbe gli altri contitolari del godimento diretto dell’oggetto della comunione, in violazione dell’art. 1108 cod. civ. Successivamente, la Cass. n. 5281/2000 ha rafforzato il principio secondo cui il singolo contitolare non può sfruttare unilateralmente l’invenzione brevettata senza il consenso degli altri. La Corte ha sottolineato che un tale sfruttamento altererebbe la natura stessa del brevetto, che garantisce al suo titolare un diritto di esclusiva. Ne consegue che, salvo patti contrari, l’uso individuale di un brevetto comune è subordinato al consenso degli altri contitolari.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello di Venezia, con sentenza n. 2364/2021, aveva respinto l’appello proposto da una società slovena, affermando che la contitolarità brevettuale consente a ciascun contitolare di sfruttare direttamente l’invenzione senza necessità del consenso degli altri. Tale interpretazione si basava sull’idea che la facoltà di sfruttamento esclusivo costituisse il modo ordinario di godimento della cosa comune.
La Suprema Corte ha invece annullato tale decisione, ribadendo il principio secondo cui il diritto di esclusiva del brevetto non può essere esercitato unilateralmente da un solo contitolare, poiché ciò lede i diritti degli altri comproprietari e altera la destinazione della privativa industriale. Tale violazione si verifica sia nel caso in cui un contitolare sfrutti direttamente l’invenzione nel proprio ambito imprenditoriale, sia nel caso in cui ceda a terzi una licenza senza l’assenso degli altri contitolari.
La pronuncia della Suprema Corte conferma un orientamento rigoroso in materia di contitolarità brevettuale, evidenziando la necessità di un consenso unanime per lo sfruttamento dell’invenzione. L’applicazione delle norme sulla comunione ai diritti di privativa industriale garantisce che nessun contitolare possa unilateralmente compromettere il diritto di esclusiva altrui, preservando così l’equilibrio tra le parti. Questa decisione rappresenta un riferimento fondamentale per la disciplina dei rapporti tra contitolari di un brevetto, con importanti implicazioni per la gestione delle privative industriali in ambito imprenditoriale.