Riprendiamo la nostra rubrica settimanale, “La nuova crisi d’impresa su Iusletter. In pillole”, a cura di Luciana Cipolla, Partner dello Studio e Responsabile del Team Concorsuale, parlando della liquidazione coatta amministrativa.Per rendere più agevole la lettura delle Pillole e consentire un esame immediato delle novità apportate dal Codice della Crisi, troverete qui i link per poter accedere sia al testo della Legge Fallimentare in vigore sino ad agosto 2020, sia al testo del Codice della Crisi.La liquidazione coatta amministrativa
Cari Lettori,
riprendo, dopo la pausa estiva, il nostro incontro settimanale in tema di riforma della Crisi di impresa.
Preciso subito che volge ormai al termine l’esame delle norme che riguardano, in senso proprio, la crisi dell’impresa. Penso però possa essere utile, nelle prossime Pillole, l’esame delle norme del Codice Civile dettate in tema, appunto, di impresa che sono state oggetto di modifica al fine di renderle organiche con la nuova disciplina concorsuale.
Per quanto concerne la liquidazione coatta amministrativa, è noto che questa, in estrema sintesi, consiste in un procedimento attraverso il quale la Pubblica Amministrazione interviene direttamente nella gestione della crisi d’impresa per ragioni di interesse pubblico. Il Codice della Crisi non ha introdotto particolari novità nell’ambito della disciplina già dettata anche se, invero, la legge delega prevedeva una profonda rivisitazione dell’istituto essendosi fissata l’obiettivo di applicare le norme di carattere generale anche alle imprese attualmente soggette alla l.c.a. mantenendo fermo il regime speciale solo per le banche, gli intermediari finanziari e le imprese assicuratrici e assimilate e in tutti i casi in cui vi fosse stato l’accertamento di irregolarità da parte delle autorità amministrative di vigilanza.
Più precisamente l’art. 15 della legge delega prevedeva che:
“1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, per la riforma della liquidazione coatta amministrativa, il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
- a) applicare in via generale la disciplina concorsuale ordinaria anche alle imprese in stato di crisi o di insolvenza attualmente soggette alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, mantenendo fermo il relativo regime speciale solo nei casi previsti:
1) dalle leggi speciali in materia di banche e imprese assimilate, intermediari finanziari, imprese assicurative e assimilate;
2) dalle leggi speciali in materia di procedimenti amministrativi di competenza delle autorità amministrative di vigilanza, conseguenti all’accertamento di irregolarità e all’applicazione di sanzioni da parte delle medesime autorità;
b) attribuire alle autorità amministrative di vigilanza le competenze in tema di segnalazione dell’allerta e le funzioni attribuite agli organismi di composizione della crisi nelle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi di cui all’articolo 4, anche al fine di individuare soluzioni di carattere conservativo, nonché la legittimazione alla domanda di apertura della procedura di liquidazione giudiziale di cui all’articolo 7”.
Fuori da questi casi le società sarebbero state assoggettate alle “normali” procedure concorsuali.
Così non è stato.
Le competenti commissioni parlamentari hanno condizionato il proprio voto favorevole al mantenimento della disciplina vigente della l.c.a. fatta eccezione per la introduzione delle norme di coordinamento ritenute necessarie.
Allo stato quindi, come si accennava, la disciplina è sostanzialmente immutata.
Venendo ora all’esame delle disposizioni di legge, si segnala innanzitutto l’art. 293 a mente del quale “la liquidazione coatta amministrativa è il procedimento concorsuale e amministrativo che si applica nei casi espressamente previsti dalla legge.La legge determina le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, i casi per i quali la liquidazione coatta amministrativa può essere disposta e l’autorità competente a disporla”.
Si tratta di norma non presente, a onor del vero, nella vecchia legge fallimentare, ma che recepisce quanto già accadeva (e accade tuttora) in forza dell’art. 194 della l.f.
Nessuna modifica si segnala con riguardo all’accertamento dello stato di insolvenza, al provvedimento di apertura, agli organi che governano quest’ultima, alla formazione dello stato passivo e alla chiusura della liquidazione.
Anche nella l.c.a., al pari del fallimento e della liquidazione giudiziale, è prevista, quale modalità alternativa di chiusura, il concordato.
La domanda dovrà essere presentata solo dopo la formazione dello stato passivo ancorché siano già stati effettuati riparti parziali e non prima che sia decorso un anno dal decreto di messa in liquidazione e non oltre due anni dal deposito dello stato passivo che lo rende esecutivo.
Per leggere le precedenti pillole.Luciana Cipolla – l.cipolla@lascalaw.com
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