Cass., 10 giugno 2013, sez. III, n. 14531Il pagamento con un sistema diverso dalla moneta avente corso legale nello Stato, ma che assicuri al creditore la disponibilità della somma dovuta, può essere rifiutato dal creditore soltanto per un giustificato motivo, dovendosi altrimenti intendere il rifiuto come contrario al principio di correttezza e buona fede.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14531, depositata lo scorso 10 giugno.
In merito sembra doveroso premettere che, ai sensi di quanto disposto dall’art. 1277 cc, ancora oggi il valido adempimento della obbligazione pecuniaria richiede il pagamento in contanti. Tuttavia, non c’è dubbio che la definizione dell’oggetto di tale tipo di obbligazione si sta evolvendo nel corso del tempo parallelamente a diffondersi di nuove forme di pagamento. Non si può, infatti, non considerare come la carta moneta non sia più accettata dalla P.A. per notevoli operazioni (come ad esempio per il pagamento delle imposte di registro per il quale è previsto l’obbligo di versamento a mezzo di istituti bancari) e come, negli ultimi anni, il legislatore abbia emanato numerosi provvedimenti diretti a limitare l’uso della moneta contante al fine di contrastare l’evasione fiscale. Non si tratta, quindi, solo di un mero mutamento delle consuetudini economiche e sociali, ma di una precisa linea programmatica legislativa di cui la giurisprudenza non poteva non prendere atto.
In ordine alla questione però è sorto nel corso degli anni un contrasto giurisprudenziale.
Secondo l’orientamento tradizionale, la consegna di assegni circolari o bancari da parte del debitore “si configura come datio in solutum o, più precisamente, come proposta di datio pro solvendo, la cui efficacia liberatoria dipende dal preventivo assenso del creditore ovvero dalla sua accettazione che è ravvisabile quando trattenga e riscuota l’assegno; in tale ipotesi la prestazione diversa da quella voluta è da ritenere acettata con riserva, quanto al definitivo effetto liberatorio, dall’esito della condizione salvo buon fine o salvo incasso inerente all’accettazione di un credito anche cartolare, in pagamento dell’importo dovuto in numerario” (Cfr. Cass. Civ., sez. III, 14.02.2007, n. 3254; conf. Cass. Civ., sez. III, 10.06.2005, n. 12324; Cass. Civ., sez. III, 10.02.2003, n. 1939).
Sostanzialmente, secondo questa interpretazione giurisprudenziale, il pagamento tramite assegno bancario o circolare, configurando una violazione dell’art. 1277 cc, non estingue l’obbligazione pecuniaria e quindi si considera legittimo il rifiuto del creditore all’accettazione dello stesso.
Un altro orientamento della Suprema Corte, diretto a recepire le mutate esigenze sociali ed economiche tendenti alla velocizzazione ed alla sicurezza dei rapporti economici, interpreta l’art. 1277 cc, alla luce del principio di correttezza sancito dall’art. 1175 cc. In altri termini, secondo tale orientamento, considerando la sicurezza del buon fine dell’assegno circolare, la consegna dello stesso da parte del debitore, “pur non equivalendo a pagamento a mezzo di somme di denaro, estingue l’obbligazione di pagamento quando il rifiuto del creditore appare contrario alle regole della correttezza, che impongono allo stesso creditore l’obbligo di prestare la sua collaborazione all’adempimento dell’obbligazione, a norma dell’art. 1175 cod. civ.” (Cfr. Cass. Civ., sez. III, 07 luglio 2003, n. 10695, cfr. Cass. Civ., sez. III, 16.02.1998, n. 1351).
A tale orientamento hanno recentemente aderito anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione precisando che il solo fatto dell’adempimento, da parte del debitore, della propria obbligazione pecuniaria con un altro sistema di pagamento che assicuri la disponibilità della somma dovuta non legittima affatto il creditore a rifiutare il pagamento stesso “essendo all’uopo necessario che il rifiuto sia sorretto anche da un giustificato motivo, che il creditore deve allegare e all’occorrenza anche provare” (Cfr. Cass. Civ., Sezioni Un., 04.06.2010).
Con tale pronuncia la Suprema Corte ha esteso il principio già precedentemente affermato in merito all’assegno circolare anche per l’assegno bancario, riconoscendo quindi efficacia solutoria a mezzi alternativi di pagamento diversi dal denaro.
Tuttavia, mentre con il pagamento mediante moneta l’estinzione dell’obbligazione con l’effetto liberatorio del debitore si verifica nel momento stesso in cui si consegna il denaro, se il pagamento avviene mediante assegno (circolare o bancario) l’effetto liberatorio si verifica allorquando il creditore acquisti concretamente la disponibilità giuridica della somma di denaro, facendo quindi ricadere sul debitore il rischio dell’inconvertibilità dell’assegno.
Infine, la recente sentenza della Corte di Cassazione non fa che ribadire quanto già consolidato nel corso degli ultimi anni, ritenendo legittimo il rifiuto del creditore al pagamento con un sistema diverso dalla moneta avente corso legale nello Stato (che assicuri comunque al creditore la disponibilità della somma dovuta), soltanto laddove sussista un giustificato motivo (Cfr. Cass. Civ., sez. III, 10 giugno 2013, n. 14531).
In altri termini, la consegna di assegni circolari o bancari,estingue comunque l’obbligazione debitoria quando il rifiuto del creditore è contrario alla regola di correttezza di cui all’art. 1175 cc. e della buona fede oggettiva di cui all’art. 1337 cc.
In conclusione, l’art. 1277 cc., laddove stabilisce che i debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato, deve essere interpretato in modo evolutivo ed adeguato alla realtà economico – sociale nella quale l’uso della moneta corrente sta diventando sempre più marginale.
(Giulia Arvotti – g.arvotti@lascalaw.com)