Con la sentenza n. 629 del 23 aprile 2025, la Corte d’Appello di Palermo è tornata ad affrontare la questione della validità della fideiussione bancaria in presenza di contestazioni circa l’effettiva esistenza dell’accordo negoziale. La pronuncia si inserisce nel solco della giurisprudenza di merito e di legittimità che valorizza il principio della forma libera della garanzia personale e che ribadisce la sufficienza della sottoscrizione del fideiussore ai fini della validità dell’atto.
La vicenda processuale: dalla fideiussione al contenzioso
La vicenda prende le mosse da un’opposizione a decreto ingiuntivo, fondata – tra l’altro – sulla dedotta nullità di una fideiussione sottoscritta nel 2010, in quanto carente dell’elemento essenziale dell’“accordo” ex art. 1325 c.c.. L’opponente, soccombente in primo grado, proponeva poi appello, lamentando che il Tribunale non avrebbe esaminato detta doglianza, così incorrendo in un vizio motivazionale suscettibile di riforma.
In secondo luogo, l’appellante ha censurato la decisione impugnata sotto il profilo dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., assumendo che il primo giudice avrebbe fondato il proprio convincimento esclusivamente sulla consulenza tecnica d’ufficio, senza un’autonoma valutazione delle prove documentali e senza che l’onere probatorio fosse stato effettivamente assolto dalla parte opposta.
Le censure in appello e la risposta della Corte
La Corte d’Appello ha rigettato l’impugnazione ritenendo infondati entrambi i motivi.
In particolare, con riferimento alla censura principale – ossia la pretesa omessa valutazione del motivo di nullità per difetto di accordo – il Collegio ha osservato che tale contestazione si fondava su mere allegazioni, smentite dalla documentazione in atti.
Sottoscrizione e consapevolezza: prova dell’accordo negoziale
La Corte ha, infatti, rilevato come la sottoscrizione della fideiussione fosse comprovata dalla produzione dell’atto negoziale, nonché dalle comunicazioni trasmesse successivamente alla garante in relazione al saldo passivo del conto corrente garantito. Tali comunicazioni – rimaste prive di contestazione – confermavano la piena consapevolezza della fideiubente circa l’impegno assunto, così escludendo in radice l’inesistenza di un valido accordo contrattuale.
Con richiamo a consolidati arresti della giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., Sez. I, 25 febbraio 2016, n. 3628; Cass. civ., Sez. III, 12 giugno 2014, n. 13539), la Corte ha ribadito il principio secondo cui la fideiussione è un contratto a forma libera, anche se stipulata con un istituto di credito e la volontà del garante può essere validamente provata per presunzioni, oltre che con documenti scritti. Ne deriva che la sola sottoscrizione del modulo contrattuale, se non revocata in dubbio da elementi seri e concludenti, è sufficiente a dimostrare l’esistenza del vincolo negoziale.
Libertà di forma e onere della prova: i principi ribaditi
La pronuncia in commento riafferma, dunque, alcuni principi cardine in tema di fideiussione:
- La libertà di forma del contratto: anche in ambito bancario, la fideiussione non richiede la forma scritta ad substantiam, potendo essere provata anche con elementi presuntivi, purché gravi, precisi e concordanti.
- Il valore probatorio della sottoscrizione: la firma del fideiussore su un modulo contrattuale predisposto dalla banca, se non smentita da evidenze contrarie, rappresenta prova sufficiente dell’accordo.
- L’onere della prova in capo al garante: chi contesta la validità della fideiussione deve fornire riscontri concreti circa l’assenza di consenso, non essendo sufficiente una generica contestazione del contratto.
Conclusioni: la firma come presunzione di validità
In conclusione, la Corte d’Appello di Palermo si è uniformata all’orientamento prevalente, respingendo la tesi – pur talvolta sostenuta in dottrina – che richiede un surplus probatorio in presenza di modulistica bancaria. Il rigoroso rispetto dell’onere della prova, unitamente alla presunzione di validità degli atti sottoscritti, conferma l’approccio restrittivo nei confronti delle contestazioni prive di concreto fondamento probatorio.