18.10.2024 Icon

Factoring e cessione in massa di crediti futuri, il cedente non può disporre del credito

Questo è quanto ribadito qualche giorno fa dalla Corte d’Appello di Firenze, secondo cui: “anche nel contratto di factoring, ed anche in ipotesi di cessione in massa di crediti futuri, risulta ravvisabile (salvo eventuali pattuizioni in diverso senso di cui, come detto, non vi è tuttavia riscontro) la cessione del credito (anche pro solvendo) che comporta che il cedente non possa, dopo la cessione, conservare alcun potere dispositivo sul credito ceduto e, si precisa, anche sui relativi accessori (tra cui gli interessi)”.

La ragione, spiega il Collegio, risiede nella seguente motivazione, che ricalca l’ormai noto orientamento della Suprema Corte: “Nell’ipotesi di contratto di “factoring” con cessione “pro solvendo” di crediti futuri (nella specie, crediti nascenti in favore di una società dall’esecuzione di un contratto di appalto), ricevuta la notifica della cessione, il debitore ceduto non può liberarsi delle proprie obbligazioni adempiendo in favore di soggetto indicato dal creditore cedente (nella specie, la società nuova appaltatrice dei lavori, in quanto cessionaria di un ramo di azienda dell’originaria creditrice), perché il cedente non può più disporre del credito ceduto atteso che la cessione in favore del “factor” di un credito non ancora venuto ad esistenza implica il solo differimento dell’effetto traslativo, ma non consente al cedente di continuare a disporre del credito come se fosse ancora proprio (così Cass. 23175 del 31.10.2014)”.

E ciò è ragione ancor più solida se si considera che: “È la stessa natura del contratto di factoring, così come regolato dalla legge in esame, a prevedere la globalità della cessione; il cedente (che deve essere un imprenditore) incassa subito le proprie spettanze, mentre il cessionario (che deve essere una banca o un intermediario finanziario) paga l’intero debito, con un ragionevole sconto che costituisce una sorta di corrispettivo dell’anticipazione. È chiaro, però, che la ragione stessa dell’istituto, ancorché avente natura di contratto atipico, sarebbe del tutto vanificata se il cedente potesse, dopo la cessione, continuare a disporre del proprio credito…”)”.

Da qui il rigetto dell’appello proposto per ottenere la riforma della sentenza di primo grado sulla base dell’asserita tesi secondo cui nel caso di specie non vi era stato alcun trasferimento della titolarità del credito dall’impresa al factor.

Autore Francesco Concio

Partner

Milano

f.concio@lascalaw.com

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