Con una recente sentenza il Tribunale di Siracusa ha potuto fornire un’ulteriore orientamento conforme all’ormai sempre più diffusa e granitica disciplina della figura del coobbligato, firmatario di un contratto di credito al consumo.
All’esito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, seguito dal nostro Studio, dal quale è scaturita la sentenza in commento, il Tribunale ha potuto ribadire la pacifica nonché riconosciuta rilevanza del soggetto dichiaratosi coobbligato, soprattutto con riferimento agli obblighi di pagamento nei confronti del soggetto creditore.
Obblighi di pagamento, questi ultimi poc’anzi menzionati, paragonati, in tutto e per tutto, a quelli del soggetto richiedente principale.
Il Tribunale ha, quindi, censurato, dichiarandola infondata e non attinente al caso di specie, la tesi della controparte volta a ricondurre la qualifica contrattuale assunta dall’opponente nella diversa categoria della fideiussione, con conseguente applicazione della relativa disciplina in tema di decadenza ex art. 1957 cod. civ.
In particolare, il Giudice ha escluso qualsivoglia possibile positivo collegamento della giurisprudenza citata dall’attore rispetto al caso in esame, preferendo, al contrario, fare legittimo affidamento sul tenore letterale del contratto di credito al consumo posto alla base del decreto ingiuntivo opposto.
Queste, le considerazioni del Giudice: “Sul tema, va premesso che il contratto sottoscritto dal [omissis] ha per oggetto un prestito finalizzato all’acquisto rateale. In apposito riquadro, denominato “I dati del garante o del legale rappresentante”, risulta inserito il nominativo dell’opponente e le sue generalità; vi è poi la sua sottoscrizione, alla fine del contratto, sotto le voci “Firma coobbligato”. Inoltre, l’art. 20 delle condizioni generali contempla espressamente, tra le cause che comportano la decadenza dal beneficio del termine o la risoluzione del contratto, l’infedele dichiarazione circa i dati e le informazioni forniti, oltre che dal cliente, anche da eventuali coobbligati e garanti. Sulla scorta del tenore letterale del contratto, in assenza di qualsiasi richiamo alla disciplina della fideiussione, deve ritenersi che le parti, facendo riferimento alla figura del “garante-coobbligato”, abbiano inteso stipulare non già un contratto di fideiussione, quanto piuttosto un contratto atipico con funzione di garanzia, che prevede, nei rapporti esterni, un’obbligazione solidale ex art. 1292 c.c. tra “cliente” e “coobbligato”. L’opponente, dunque, firmando il contratto, ha inteso assumere lo stesso obbligo di restituzione assunto dall’altra debitrice nei confronti della società mutuante. L’identità dell’obbligazione assunta dal “coobbligato”, con scopo di garanzia, rispetto a quella del mutuatario, comporta che il contratto non possa essere qualificato come “fideiussione””.
Il Giudice, nel dettaglio, ha posto alla base della propria cognizione il seguente recentissimo orientamento: “la solidarietà passiva si caratterizza per l’eadem res debita e eadem causa petendi, come nel caso di specie, a differenza del contratto di fideiussione ove vi sono due rapporti obbligatori autonomi (quello del debitore principale e quello di garanzia), legati solo dal vincolo di accessorietà, e due fonti di obbligazione diverse, con conseguenti diverse discipline per i due rapporti. Il regime della solidarietà passiva, che può essere previsto per legge o per volontà delle parti nell’obbligazione soggettivamente complessa, ben può essere utilizzato dalle parti quale strumento di garanzia per il creditore al fine di agevolare la realizzazione dell’affare, in quanto consente al creditore di poter agire, in caso di inadempimento, verso una molteplicità di debitori tutti nella identica posizione, scopo perseguito anche nel contratto per cui è causa. Nel caso in cui uno dei debitori solidali si assuma il debito pur senza essere tenuto alla prestazione, come avvenuto nel caso di specie, si realizza l’ipotesi in cui più chiaramente viene ad evidenziarsi la funzione di garanzia sottostante all’assunzione da parte sua dell’impegno all’adempimento dell’obbligazione. Questa figura del condebitore solidale che assume l’obbligo nell’ esclusivo interesse di altro condebitore è prevista dalla stessa disciplina delle obbligazioni solidali che, nel regolare i rapporti interni, all’art. 1299 c.c. – regresso tra condebitori, prevede che tale condebitore non sia tenuto a sostenere l’obbligazione assunta, con possibilità di ottenere la completa restituzione di quanto corrisposto dal condebitore e che nei suoi confronti non sia esercitabile il regresso. Le parti quindi hanno stipulato un contratto volto a realizzare un interesse economico degno di tutela nel nostro ordinamento, in quanto è stata realizzata una forma di garanzia in favore del creditore mediante il ricorso della figura dell’obbligazione solidale nell’interesse di solo uno dei condebitori” (cfr. Corte di Appello di Venezia, Sent. n. 2065/2023 del 19.10.2023)”.
Il tutto, in ogni caso, in un contesto in cui il Giudice ha correttamente rilevato che il nostro ordinamento “contempla negozi – certamente validi tanto sotto il profilo causale (art. 1325, n. 2, c.c.), quanto sotto il profilo della meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti nell’esplicazione della loro autonomia negoziale (art. 1322, co. 2, c.c.), in quanto tipizzati dallo stesso codice civile – nei quali, come nel caso della espromissione di cui all’art. 1272 c.c., la causa negoziale viene individuata nella pura assunzione del debito altrui, senza identificarsi in quella della fideiussione”.
Alla luce di quanto sopra, le censure svolte sul punto dall’opponente sono state disattese: per l’effetto, ogni questione concernente l’asserita violazione, da parte del creditore opposto, della disciplina in materia di fideiussione è rimasta assorbita.
L’opposizione, per la ragione sopra richiamata e per le altre esposte puntualmente in sentenza, è stata dunque rigettata e il decreto ingiuntivo confermato.