12.01.2024 Icon

L’interesse ad agire per la pronuncia di nullità delle clausole conformi allo schema ABI

La pronuncia a Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 41994/2021 ha dato il via alla moltiplicazione delle cause instaurate dai garanti nei confronti delle banche (sia in via di azione che in via di eccezione nell’ambito dei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo), ai fini della declaratoria di nullità delle fideiussioni per contrasto con la normativa antitrust.

Ma l’accertamento della nullità è oramai limitato – ricorrendone i presupposti – alle sole clausole conformi allo schema ABI del 2003 e non all’intero contratto, a meno che il garante non riesca a provare che la parte del contratto colpita da nullità sia inscindibilmente correlata con la porzione residua e che, per conseguenza, il negozio fideiussorio non sarebbe stato dalle parti concluso in sua assenza.

Tuttavia, l’accertamento dell’eventuale invalidità non determina automaticamente la liberazione del fideiussore dalle obbligazioni assunte con la sottoscrizione del negozio di garanzia.

Infatti, una volta accertata la conformità delle clausole allo schema ABI (clausola di reviviscenza, clausola di deroga all’art. 1957 c.c. e clausola di sopravvivenza), occorre verificare se, nel caso concreto, le singole clausole viziate abbiano trovato specifica applicazione e, dunque, se l’istituto di credito ne abbia tratto vantaggio. Solo in tale ultimo caso sussiste per il fideiussore un interesse concreto a promuovere un giudizio per ottenere la dichiarazione di invalidità delle pattuizioni in questione.

È quanto ha chiarito la Corte d’Appello di Milano con la sentenza in commento, intervenuta nell’ambito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo proposto dai garanti di un società, la quale ha accertato che nel caso sottoposto al suo esame le singole clausole tacciate di nullità non avevano operato in concreto; specialmente quella di deroga all’art. 1957 c.c., tenuto conto che la banca aveva proposto le sue istanze contro il debitore nel termine semestrale individuato dalla norma codicistica.

Dunque, la Corte ha concluso per il rigetto dell’appello, rilevato che l’accertamento che il creditore non si è avvalso della deroga prevista dall’art. 1957 c.c. “priva il fideiussore dell’interesse ad agire per ottenere la dichiarazione della nullità della clausola n. 6 delle fideiussioni…sia con riguardo all’asserita violazione dell’art. 2 L. 287/1990 sia con riguardo all’asserita violazione dell’art. 33 lett. t) e dell’art. 36 c. 2 lett. a) del codice del consumo”.

Il logico ragionamento sotteso alla pronuncia in commento è stato, poi, fatto proprio dal Tribunale di Milano – Sezione Imprese A – Rel. Dott.ssa Alessandra Dal Moro, nell’autonoma causa introdotta dai medesimi garanti per l’accertamento della nullità delle clausole della fideiussione da loro rilasciata, in quanto conformi allo schema ABI, per contrasto con la normativa antitrust (sentenza n. 8913, pubblicata il 13.11.2023). Infatti, il Tribunale ha respinto in toto le domande svolte dai fideiussori, tenuto conto che non veniva ravvisato un concreto interesse ad agire ex art. 1421 c.c. ad ottenere una pronuncia di accertamento e declaratoria (cfr. Cass. N. 2447 del 04.02.2014), poiché dalla medesima nessuna conseguenza sarebbe derivata con riguardo all’operatività degli obblighi fideiussori, cui parte attrice si era già opposta in sede monitoria.

Autore Eva Billò

Associate

Milano

e.billo@lascalaw.com

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