“Il rispetto dell’art. 1957 c.c. da parte del creditore garantito deve ritenersi soddisfatto con la stessa richiesta rivolta al fideiussore entro il termine di sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale”.
Questo il recentissimo principio espresso dalla Corte d’Appello di Milano ad esito di giudizio di gravame promosso nei confronti di un Istituto di Credito.
Nel caso di specie parte appellante si è rivolta all’Ill.ma Corte meneghina per ottenere la riforma di una sentenza di primo grado in ordine a due motivi:
– nullità del contratto di fideiussione ex art. 1418 c.c. e violazione dell’art. 1957 c.c.;
– insussistenza del credito per erronea applicazione dell’art. 633 c.p.c.
Entrambi i motivi sono stati ritenuti infondati.
Nello specifico, ai fini del presente commento, si ritiene utile evidenziare come la Corte d’Appello di Milano abbia sposato l’ordinamento giurisprudenziale che ritiene l’invio di una diffida stragiudiziale al fideiussore atto idoneo ad interrompere il decorso del termine ex art. 1957 c.c., non essendo, al riguardo, necessario avviare un’azione giudiziale.
Ed invero: “Il contratto fideiussorio in esame prevede l’obbligazione a carico del fideiussore «a prima richiesta», con la conseguenza che, il creditore non ha l’onere di procedere in via giudiziale, essendo sufficiente una intimazione formale ad adempiere avente gli effetti di messa in mora idonea ad interrompere il decorso del predetto termine dalla scadenza dell’obbligazione. Pe consolidata giurisprudenza di legittimità e, in continuità con le pronunce di questa Corte, “quante volte il fideiussore sia tenuto al pagamento a prima o a semplice richiesta, o comunque entro un tempo convenzionalmente determinato, il rispetto dell’art. 1957 c.c. da parte del creditore garantito deve ritenersi soddisfatto con la stessa richiesta rivolta al fideiussore entro il termine di sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, con la conseguenza che, una volta tempestivamente effettuata la richiesta di pagamento al fideiussore, il creditore non è più tenuto ad agire giudizialmente contro il debitore”. Infatti, “in una pattuizione contrattuale in cui la garanzia si stabilisce a prima richiesta e, nel contempo, si prevede l’applicazione del primo comma dell’art. 1957 cod. civ., il criterio di esegesi di cui all’art. 1363 cod. civ. impone di leggere il rinvio a detta norma, tanto più se espresso, con un riferimento al termine di cui ad essa e non ad altro dei suoi contenuti, nel senso che il termine debba osservarsi con una mera richiesta stragiudiziale e non con l’inizio dell’azione giurisdizionale, secondo la tradizionale esegesi della norma. Diversamente interpretando, vi sarebbe contraddizione tra le due clausole contrattuali, non potendosi considerare “a prima richiesta” l’adempimento subordinato all’esercizio di un’azione in giudizio» (Cass. 10574/2003; Cass 13078/ 2008; Cass. 22316/2017) [..] In conclusione, quand’anche la fideiussione fosse parzialmente nulla, l’eccezione di decadenza non sarebbe fondata perché, nel caso in esame, la banca ha adempiuto all’onere di comunicazione nel termine di sei mesi”
La Corte ha proseguito con l’analisi del secondo motivo di appello, anch’esso rigettato, così argomentando:” la prestazione del debitore è dovuta indipendentemente dall’esistenza, dalla validità o efficacia del rapporto di base, e senza potere sollevare alcuna eccezione in proposito. Dalla natura dei contratti stipulati discende, quindi, l’inopponibilità al garante delle eccezioni inerenti al rapporto principale garantito, ivi comprese quelle relative all’invalidità del contratto da cui tale rapporto deriva, con il limite dell’esecuzione fraudolenta o abusiva, a fronte della quale il garante può opporre l’exceptio doli e le eccezioni che siano fondate sulla nullità del contratto presupposto per contrarietà a norme imperative. Nel caso di specie, tuttavia, l’appellante non ha proposto l’exceptio doli”.
Infine, con riferimento all’eccezione avversaria in tema di usura, la Corte, sposando le difese di parte appellata, ne ha rilevato la genericità: “la parte che deduce la violazione dell’usura bancaria e quindi l’applicazione di tassi superiori a quelli previsti dalla legge numero 108/1996, ha l’onere di dimostrare l’avvenuto superamento dello specifico tasso soglia rilevante, in particolare allegando i tassi di interesse contrattuali, i tassi di interesse concretamente applicati, i tassi soglia usura previsti nel periodo di rilievo”.
In conclusione, l’appello è stato integralmente rigettato con conseguente conferma della sentenza di primo grado.