13.10.2023 Icon

Carenza probatoria in primo grado: fino a prova contraria è imputabile a negligenza della parte

L’Ordinanza in commento trae origine dal giudizio promosso da una Banca, volto ad accertare il carattere simulato della compravendita dell’immobile di proprietà del fideiussore di una società debitrice, in quanto compiuta in pregiudizio delle ragioni creditorie della Banca stessa.

Il Tribunale di Roma con sentenza n. 18717/2015, accoglieva la domanda della Banca, accertando la natura di donazione dell’atto di vendita intervenuto tra la madre acquirente (presunta) e la figlia/garante venditrice (presunta), atteso che non era stata fornita alcuna prova documentale da parte delle convenute in ordine all’effettiva corresponsione del prezzo di acquisto del bene oggetto del giudizio.

Avverso tale provvedimento la garante e la (presunta) acquirente hanno proposto appello, allegando la documentazione comprovante il presunto pagamento del prezzo.

All’esito del giudizio di gravame, la Corte d’Appello di Roma con sentenza numero n. 6654/2017 ha rigettato lo stesso dichiarando “preliminarmente l’inammissibilità del documento allegato all’atto di impugnazione (sub n. 4) perché prodotto per la prima volta nel giudizio di secondo grado, in violazione del divieto posto dall’art. 345 c.p.c.”

La tesi sostenuta dalle ricorrenti poggiava, difatti, sul presupposto secondo cui “colui che intende confutare un singolo elemento indiziario che concorre alla formazione di una prova per presunzioni non soggiacerebbe alla ripartizione a suo carico dell’onere probatorio disposto dal secondo comma dell’art. 2697 c.c. e, poiché il divieto di cui all’art. 345 c.p.c. è ritenuto funzionalmente collegato all’art. 2697 c.c., neppure la produzione di un nuovo documento in appello sottostà alle preclusioni processuali”.

Siffatto presupposto – come giustamente osservato dalla Corte di Cassazione – è privo di qualsivoglia fondamento.

In primo luogo, i giudici di legittimità ribadiscono il principio generale per cui “allorquando chi invoca la simulazione abbia fornito elementi presuntivi del carattere fittizio della compravendita, l’acquirente ha l’onere di provare il pagamento del prezzo, potendosi, in caso contrario, trarre elementi di valutazione circa il carattere apparente del contratto” (cfr. Cass. Civ. n. 1413/2006).

Del resto, è principio noto che “la presunzione semplice, una volta applicata, trasferisce infatti a colui contro il quale depone l’onere della prova contraria” (cfr. Cass. Civ. n. 4241/2016).

In secondo luogo, la Corte di Cassazione ha ritenuto che il giudice del gravame avesse applicato correttamente i principi di cui all’art. 345 c. 3 c.p.c. “avendo constatato che le ricorrenti non avevano dimostrato di non aver potuto proporre antecedentemente la produzione documentale per cause ad esse non imputabili, limitandosi a “generiche considerazioni sull’età avanzata della (debitrice) e sul suo stato ‘di donna sola e vedova’”.

Difatti, tali giustificazioni sono apparse “inidonee ad integrare le condizioni di legge per giustificare lo smarrimento del documento” e, comunque “anche volendo prescindere dalla possibilità di richiedere all’istituto di credito l’emissione di una copia del documento contabile da produrre tempestivamente in giudizio”, la carenza probatoria resta “sempre imputabile, fino a prova contraria, alla negligenza della parte”.

Autore Cecilia Picone

Associate

Milano

c.picone@lascalaw.com

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