Alla luce dell’indirizzo giurisprudenziale maggioritario – conforme ai principi che regolano la distribuzione degli oneri di allegazione e prova in materia di inadempimento – nelle azioni di responsabilità per danni subiti dall’investitore, per violazione da parte dell’intermediario degli obblighi di informazione, il riparto dell’onere probatorio si atteggia nel senso che l’investitore deve dimostrare l’inadempimento delle obbligazioni da parte dell’intermediario, nonché provare il danno ed il nesso di causalità fra questo e l’inadempimento, laddove l’intermediario deve provare l’avvenuto adempimento delle obbligazioni poste a suo carico e di aver agito con la specifica diligenza richiesta.
Il caso in commento attiene al tema del non corretto adempimento, da parte dell’intermediario, degli obblighi inerenti alla prestazione di servizi di investimento, in particolare sotto il profilo dell’inadempimento dei doveri di informazione, delle regole in materia di adeguatezza e verte, altresì, sull’asserita apocrifica di sottoscrizioni apposte sugli ordini di acquisto e sui questionari di profilatura.
In particolare, il ricorrente asseriva la presunta violazione delle regole in materia di adeguatezza, ritenendo che l’intermediario avesse “esposto il portafoglio degli odierni ricorrenti ad un rischio assolutamente non consono al profilo dei medesimi” e che la segnalazione di non adeguatezza dei prodotti in contestazione contenuta nei moduli d’ordine predisposti dalla banca e sottoscritti da parte ricorrente “si risolve in mera clausola di stile, che non dà sufficiente contezza di ciò che è stato effettivamente riferito al cliente in rapporto all’operazione domandata e che non è di per sé idonea a provare di aver fornito all’investitore un’informazione adeguata in concreto”. Inoltre, il ricorrente lamentava che l’intermediario “ha artatamente sottaciuto i notevoli rischi e l’assoluta inadeguatezza/inappropriatezza delle operazioni espletate, o le ha espletate in forza di profilature inveritiere e/o fallaci circa l’adeguatezza ed appropriatezza delle stesse in relazione al profilo di rischio ed agli obiettivi di investimento degli odierni esponenti”. Pe tali ragioni, egli chiedeva all’ACF “il risarcimento del danno derivante dalla nullità e/o invalidità e/o inefficacia delle operazioni finanziarie di acquisto dei titoli […] e per l’effetto condannarsi [l’Intermediario] alla ripetizione a favore degli odierni Ricorrenti dei danni subiti a seguito delle operazioni in contesa, pari a € 29.683,34, ossia alla differenza tra l’importo di acquisto dei predetti titoli e quello ottenuto dalla loro liquidazione al 30/12/2020 […], ovvero di quella diversa maggiore o minore somma che emergerà nel corso del presente procedimento o che si riterrà di giustizia”.
L’Arbitro per le Controversie Finanziarie non ravvisava ragioni per considerare l’investimento in lite come non appropriato rispetto al profilo soggettivo del cliente.
Invero, il medesimo poneva in rilievo svariate circostanze, tutte provate dall’intermediario resistente, al fine di affermare il corretto assolvimento del dovere di informazione, relativo all’investimento oggetto di contestazioni e, fra queste, l’Arbitro riteneva risolutivo soffermarsi sul profilo finanziario del ricorrente, il quale aveva fornito risposte indicative di un buon livello di competenza in materia di strumenti finanziari.
L’analisi delle evidenze istruttorie offriva, difatti, una panoramica del profilo finanziario del ricorrente che non poteva che definirsi evoluto, ciò dimostrava, ad avviso dell’Arbitro, un livello di conoscenza degli investitori tutt’altro che basico in materia finanziaria, oltre che una spiccata e specifica dimestichezza operativa su detti titoli. Pertanto, in una prospettiva del “più probabile che non”, appariva quanto meno improbabile che il cliente, nel corso della reiterata attività di investimento, non avesse mai preso contezza del correlato rischio.
In conclusione, l’Arbitro riteneva che la decisione di investimento fosse stata il frutto di una scelta libera e consapevole dell’investitore, che quest’ultimo avrebbe comunque compiuto.