05.12.2025 Icon

La sicurezza digitale: tra sorveglianza e prevenzione nel nuovo Decreto Lavoro

Il decreto-legge 31 ottobre 2025, n. 159, rappresenta l’ennesimo tassello di quella che potremmo definire l’architettura emergenziale della sicurezza sul lavoro. Più che riscrivere i principi del Testo Unico del 2008, il provvedimento sposta il baricentro della tutela dal piano normativo a quello tecnologico e repressivo, disegnando un sistema in cui la prevenzione passa sempre più attraverso la tracciabilità del dato.

La vera novità del decreto non risiede in un singolo obbligo, ma nella creazione di un’infrastruttura digitale integrata. Il nuovo badge di cantiere, ora dotato di codice univoco e reso interoperabile con la piattaforma SIISL, smette di essere un semplice tesserino di riconoscimento per diventare un terminale di controllo. Attraverso l’incrocio dei dati con il fascicolo elettronico del lavoratore, il sistema mira a costruire una sorta di “biografia digitale” che registra competenze, formazione e percorsi professionali. L’obiettivo è chiaro: rendere impossibile (o quantomeno tracciabile) l’impiego di manodopera non formata o irregolare, chiudendo le maglie della rete in cui spesso prosperano il caporalato e il lavoro sommerso.

Coerentemente con questa impostazione, il decreto inasprisce la disciplina della patente a crediti. La scelta del legislatore è stata quella di trasformarla da strumento amministrativo a vera leva di pressione economica: le sanzioni per chi opera senza requisiti raddoppiano (da 6.000 a 12.000 euro) e i meccanismi di decurtazione dei punti diventano immediati in caso di lavoro nero. Non si tratta più solo di punire l’evento infortunistico, ma di sanzionare “a monte” l’irregolarità organizzativa, considerata l’anticamera dell’incidente.

Se il fronte repressivo si indurisce, quello promozionale vede un’espansione inedita del ruolo dell’INAIL. L’Istituto viene investito di funzioni quasi “parapolitiche”, finanziando non solo la sicurezza strutturale (DPI innovativi, macchinari), ma anche la formazione e la cultura della prevenzione nelle scuole e nelle università.

Particolarmente interessante, sul piano culturale, è l’introduzione dell’obbligo (per ora programmatico) di monitorare i “near miss”, ovvero i mancati infortuni. Per le aziende sopra i 15 dipendenti, l’analisi dei “quasi incidenti” dovrà uscire dalla discrezionalità per diventare prassi codificata: un tentativo apprezzabile di spostare l’attenzione dall’evento lesivo ai segnali premonitori.

Il decreto tenta infine di mettere ordine in due ambiti delicati. Da un lato, “blinda” l’alternanza scuola-lavoro, estendendo la copertura assicurativa agli infortuni in itinere e vietando l’esposizione degli studenti a rischi elevati; dall’altro, tipizza la figura del volontario di protezione civile, cercando un difficile equilibrio tra le tutele del lavoro subordinato e la flessibilità necessaria nelle emergenze.

In sintesi, il D.L. 159/2025 segna il passaggio a una “sicurezza 4.0”, dove il controllo umano è affiancato e potenziato dall’algoritmo e dalla banca dati. Tuttavia, resta l’incognita tipica della nostra legislazione: l’effettività. Gran parte delle innovazioni (dai criteri per i formatori alle linee guida sui “near miss”) è rinviata a futuri decreti attuativi e accordi Stato-Regioni. Il rischio, come spesso accade, è che tra la rigidità della norma scritta e la fluidità della realtà di cantiere si apra una terra di mezzo fatta di burocrazia digitale, che appesantisce le imprese virtuose senza fermare quelle che operano illecitamente.

Autore Pasquale Parisi

Associate

Milano

p.parisi@lascalaw.com

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