La Suprema Corte ha ribadito il principio in base al quale le vicende relative al creditore procedente non travolgono la posizione degli altri creditori intervenuti muniti di valido titolo esecutivo.
I fatti di causa traggono origine dalla procedura esecutiva immobiliare promossa da un noto Istituto di Credito con l’intervento di altra Banca creditrice.
In seguito al raggiungimento di un accordo transattivo tra la creditrice ed il debitore esecutato, il Giudice dell’esecuzione ha dichiarato l’estinzione della procedura limitatamente alla posizione del procedente e la prosecuzione del processo con riferimento al creditore intervenuto.
Successivamente, altri creditori hanno provveduto a spiegare l’atto d’intervento all’interno della procedura esecutiva immobiliare.
Il debitore esecutato ha proposto opposizione all’esecuzione deducendo che “la declaratoria di estinzione degli atti esecutivi del creditore procedente” ha reso invalidi “i successivi atti d’impulso della procedura”.
La Corte di Cassazione, nello statuire in merito a quanto affermato dal ricorrente, ha precisato che “la regola della c.d. immanenza del titolo esecutivo va intesa nel senso di non postulare necessariamente la continuativa e persistente sopravvivenza del titolo del creditore procedente, bensì di richiedere la costante presenza di almeno un valido titolo esecutivo – sia pure posto a base dell’azione spiegata dall’interventore – che giustifichi la perdurante efficacia del pignoramento e sorregga quindi i singoli atti esecutivi via via posti in essere, restando del tutto irrilevante l’imputazione soggettiva di questi.”
Per quanto sopra, secondo la Corte, il creditore intervenuto si trova in una posizione paritetica rispetto al creditore procedente, essendo ambedue legittimati all’azione esecutiva nascente dai rispettivi titoli e, quindi, ambedue muniti del potere di provocare i singoli atti di impulso della procedura espropriativa.
In tale ottica, la Cassazione ha precisato che gli atti di impulso del processo esecutivo assumono un rilievo puramente oggettivo, essendo indifferente la posizione processuale del creditore titolato che li ha posti in essere ed avendo tutti, quale unico scopo, quello di avviare una esecuzione immobiliare che inizia con la notifica del pignoramento e si conclude con la vendita del bene staggitoe la distribuzione del ricavato: “l’atto di impulso compiuto da un creditore legittimato “si partecipa” agli altri potenziali legittimati, per cui il creditore munito di titolo, allorquando spiega intervento, partecipa al pignoramento da altri eseguito prima dell’intervento stesso”.
Per quanto sopra, la Suprema Corte ha ribadito il principio di diritto in base al quale “gli atti di impulso del processo esecutivo assumono rilevanza meramente oggettiva, con totale indifferenza cioè del creditore titolato da cui le stesse promanano, siccome tutte dirette a comporre un’unica sequenza che si dipana dal pignoramento per addivenire alla vendita del bene staggito ed alla distribuzione del ricavato. (…) Le vicende (sospensione, sopravvenuta inefficacia, caducazione, estinzione) relative al titolo esecutivo azionato dal creditore procedente, posto a base di un pignoramento in origine valido ed efficace, non travolgono la posizione dei creditori intervenuti titolati e, cioè, non ostacolano la prosecuzione della procedura ad iniziativa dell’interventore munito di idoneo ed efficace titolo, a prescindere dal compimento di di un pignoramento successivo, a meno che l’intervento non sia stato effettuato dopo la pronuncia della caducazione del titolo del procedente o dell’arresto dell’azione esecutiva. ” e, ritenuto il ricorso presentato da parte debitrice del tutto infondato, ne ha dichiarato il rigetto con condanna alle spese in favore dei creditori intervenuti costituitisi in giudizio.