Questa è la conclusione a cui è recentemente pervenuta la CTR per la Lombardia con la sentenza n. 3199 pubblicata il 26 luglio 2022.
La decisione rappresenta la coda di una vicenda giudiziale sottoposta nuovamente all’esame della CTR su rinvio della Cassazione, la quale, dopo essere stata investita della questione, aveva infine demandato al Giudice del merito la valutazione del fatto enunciato nel seguente principio: “in tema di IVA, posto che le operazioni denominate factoring che consistono, nel loro nucleo essenziale, nel recupero e nell’incasso dei crediti di un terzo configurano prestazioni imponibili non esenti, occorre accertare lo scopo pratico dell’operazione, che sarà esente da iva qualora rilevi natura finanziaria, conformando altresì l’attività svolta dal mandatario senza rappresentanza incaricato della stipulazione dei relativi contratti”.
La sentenza di rinvio della Suprema Corte si inserisce in un contesto in cui una società consortile, che acquistava apparecchiature elettriche da fornitori per poi cederle ai propri soci applicando una maggiorazione sul costo sostenuto, aveva ceduto pro soluto a due società di factoring i crediti derivati dalle forniture effettuate nei confronti dei soci-consorziati, per non incorrere in situazioni di deficit di liquidità e assicurarsi la certezza dei relativi incassi, poiché tra il pagamento ai fornitori e il successivo incasso delle fatture delle merci cedute trascorreva sempre un considerevole lasso di tempo.
In forza di tali contratti di cessione, le società di Factoring avevano maturato (e fatturato) commissioni per circa € 450.000,00, assoggettandole a regime di esenzione IVA ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 1) del D.P.R. 633/72; somma questa che veniva poi riaddebitata dalla società consortile nei confronti dei propri soci/consorziati, applicando il medesimo regime IVA praticato nei propri confronti dalle Finanziarie.
Da qui, le ragioni che hanno condotto l’Ufficio a proporre ricorso in Cassazione dopo due sentenze negative, la prima avanti alla CTP di Milano e la seconda, in appello, innanzi alla CTR della Lombardia.
L’Agenzia delle Entrate affermava, infatti, che “nel caso specifico la causa del contratto di factoring è la volontà di ottenere da parte del factor una gestione dei crediti rivolta essenzialmente al recupero degli stessi, per cui indubbiamente l’operazione è da qualificarsi come recupero crediti e come tale imponibile ai fini iva”.
Di contro, la società consortile sosteneva, invece, che con i contratti di factoring “si voleva ottenere un finanziamento (si tratterebbe di anticipazione), per il quale ha pagato una commissione che si atteggia a vero e proprio pagamento di interessi, (essendo peraltro quantificato in una percentuale dell’ammontare dei crediti ceduti), per cui il factoring costituisce una vera e propria operazione finanziaria esente da IVA”.
Questo, dunque, il punto su cui è intervenuta la CTR, il cui pensiero muove le premesse dalle seguenti considerazioni:
- la società consortile era stata costituita allo scopo di favorire gli acquisti di materiale elettrico da cedere ai soci-consorziati;
- la società, nel cedere le merci ai soci consorziati, non incassava immediatamente i relativi corrispettivi, che venivano posticipati in date successive alla vendita;
- tale pratica commerciale consentiva ai soci-consorziati di saldare i loro debiti con la società consortile solo dopo aver conseguito i ricavi delle vendite delle merci cedute dalla società consortile;
- ciò, tuttavia, provocava un deficit di liquidità della società consortile, che doveva saldare i conti con i fornitori prima dell’incasso dei proventi delle successive vendite da parte dei clienti-consorziati;
- per ovviare a tale mancanza di liquidità, la società consortile aveva ceduto pro soluto a due società di factoring i crediti derivanti dalle forniture effettuate nei confronti dei soci-consorziati.
Delineato in questi termini il perimetro, la CTR della Lombardia è quindi giunta alla conclusione che “i crediti ceduti alle società di factoring sono riferiti a clienti soci a cui i costi della cessione vengono addebitati e che si riferiscono a commissioni per un debito non ancora scaduto; una pratica commerciale che sicuramente ha l’approvazione dei soci al fine di allungare i termini di pagamento dei debiti, procurando agli stessi un indubbio vantaggio, ed al contempo consentire alla società consortile di ottenere una immediata liquidità”.
Per tali ragioni: “lo scopo pratico dell’operazione di cessione dei crediti da parte della [società consortile] alle società di factoring è di natura finanziaria e come tale esente da IVA, così come il riaddebito ai soci dei costi relativi e degli interessi”.
Possiamo quindi affermare che anche il factoring può essere qualificato come operazione esente IVA, ma solo se lo scopo pratico della cessione dei crediti rivela natura finanziaria, come nel caso di specie.